Peppino Simili: il mio tributo a “Garibaldi”

L’Ospite di Autologia: Renato Cortimiglia.

Per tutti era Peppino. Io lo chiamavo Garibaldi. Non perché il suo nome fosse Giuseppe. Come l’eroe dei due mondi, absit iniura verbis, aveva il physique du rôle del condottiero nonostante la “proverbiale” riservatezza e l’innata discrezione con cui si approcciava agli interlocutori. Di fatto era al centro dell’attenzione, richiestissimo come entertainer sui generis con aneddoti, veri o falsi non saprei dirvi, che raccontava a gentile e ripetuta richiesta. Famosissimo per “La mosca bianca”.

Peppino Simili aveva 89 anni quando ha deciso che doveva lasciare “questa valle di lacrime”. Lo ha deciso lui quando. Me lo diceva sempre aggiungendo: “Se accade all’estero provvedi a rimpatriare la salma”. Si è addormentato e non s’è più svegliato nella sua casa di Acitrezza, in petto al mare che amava. Il 5 novembre 2011. “In punta di piedi”, come celiava a tavola se voleva celebrare il necrologio di qualcuno. “I migliori se ne vanno sempre in punta di piedi”. Fino all’ultimo giorno fedele alla missione di responsabile della pagina motori della “Sicilia”, il quotidiano di Catania che ha segnato tutta la sua vita professionale. Da qualche tempo non viaggiava più. Si era arreso al tempo impietoso che aveva intaccato il mito dell’indistruttibile.

Ho viaggiato con Garibaldi per tutto il mondo per trent’anni, là dove ci portavano le Case automobilistiche in occasione di eventi di presentazione di prodotto. Trent’anni che hanno scandito la nostra vita professionale e creato un rapporto unico e irripetibile. Scherzava: “Siamo una coppia di fatto… Le famiglie si piacciono…”. Tra me e lui una differenza di 15 anni. Un fratello maggiore, maestro di vita. Una sera ad Amalfi alla cena di un evento Bmw un giovanissimo collega, voglio continuare a pensare per affetto e deferenza e non per scherno, vedendoci arrivare nella sala ristorante annunciò “ecco i fratelli Lumière”. Sorrise benevolo. Garibaldi orgoglioso.

Non l’ho visto mai commuoversi o piangere. In una sola occasione, quando morì la moglie Sara. Un pianto compostissimo. Garibaldi anche in quella occasione.

Non indossava cappotto, impermeabile, o abiti che un comune mortale nella stagione fredda indossa per proteggersi dalla pioggia, dal vento, dalla neve. Quella volta, ricordo tra i tanti, che andammo con Peugeot ad Oslo in pieno inverno si presentò in aeroporto con la solita giacca di cotone blu sfoderata sopra la sua polo preferita omaggio della “Cadillac”. Ci derise vedendoci equipaggiati come si conveniva andando ad Oslo. Viaggiava con un bagagliaio a mano dal contenuto ridottissimo: il cambio di biancheria intima, calze, il necessario per la barba, dentifricio e spazzolino. Niente pigiama. Dormiva nudo. L’immancabile spazzola per capelli che al momento opportuno tirava fuori per compiere uno rito che poteva sembrare una contraddizione a chi come lo conosceva al di là dalla facciata. Garibaldi sempre, anche se civettuolo.

Come me non fumava e non beveva alcolici. Non aveva mai fumato, io sì ma avevo smesso giovanissimo. Conosceva la mia storia di pentito del fumo e nelle circostanze in cui riteneva ch’era necessario raccontarla era lui a farlo, non io. Il pulpito era più accreditato e il monito più ascoltato. Giocava a tennis, la sua passione. Giocò fin quando un ginocchio galeotto non lo costrinse a smettere. Il suo mezzo di locomozione era la moto. Negli ultimi anni della sua vita dovette lasciarla in garage. Sempre a causa di quel ginocchio galeotto. Che lui curava con l’Aspirina. Perché l’Aspirina per Peppino era l’unico prodotto medicinale che si concedeva quale che fosse la necessità. Garibaldi indomabile.

Era un affabulatore nato. Richiestissimo. “Peppino racconta La Mosca Bianca”, “Peppino racconta quella dell’avvocato”, “Peppino racconta quella di Mussolini”, “Peppino racconta di quando ti sei travestito da prete per sfuggire ai tedeschi”. Garibaldi narratore.

Il mio primo contributo all’avventura che Alfio Manganaro, con Autologia, ha appena cominciato sul web ho ritenuto di doverlo dedicare a Peppino Simili. Riconoscente tributo del fratello minore al “suo” Garibaldi.

5 commenti
  1. umberto sapergo
    umberto sapergo dice:

    Che bel ricordo di Peppino! Da lui ho imparato tra l’altro a non farmi mai coinvolgere dagli eventi. Sempre imperturbabile. Ciao!

  2. Claudio Della Seta
    Claudio Della Seta dice:

    Grazie Renato. Peppino era un personaggio straordinario, i suoi aneddoti un vero spettacolo. Ci manca.

  3. Sergio Casagrande
    essecia dice:

    La cosa più bella, oltre che averti letto, è di continuare a ricordare con piacere i bei momenti condivisi con Peppino. Peppino se fosse alla nostra solita tavola stringerebbe le mani, chiuderebbe gli occhi ma approverebbe contento… Grazie Renato.
    S., il terremotato.
    P.S.: quella foto mi sembra di ricordarla… Seat, tunnel stradale di Somport, tra Spagna e Francia, a una manciata di chilometri di Saragozza, in un giorno di quando fare questo lavoro era ancora un piacere… Poco dopo o poco prima la sera del sigaro e poco dopo o poco prima la foto sullo chalet dei Pirenei… “Tieniti il caschetto- mi disse – può sempre essere utile per un altro lavoro. Il minatore? No, il raccoglitore di noci…”

  4. Oldbrain
    Oldbrain dice:

    Grazie anche da parte mia.
    E di Peppino, che sorride compiaciuto ed ironico fra di noi…
    g.

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *