Quale destino per il Diesel ?

In febbraio il Parlamento Ue si troverà a un bivio: dire sì alla commissione Ambiente, decisa a rendere più severi i parametri sulle emissioni che regoleranno, dal 2017, i nuovi test delle auto su strada; votare per l’innalzamento delle soglie di tolleranza e per tempi di applicazione più lunghi, come proposto ai governi dalla Commissione Ue. “Una vittoria della commissione Ambiente – spiega Gian Marco Giorda, direttore di Anfia, l’Associazione della filiera automotive italiana – imporrebbe alle istituzioni europee di ricominciare tutto da capo con una nuova proposta da riformulare, mettendo i costruttori in gravissima difficoltà per rispondere ai nuovi target.
I costruttori vedranno così a serio rischi le strategie sul diesel. A subirne le conseguenze saranno soprattutto i motori di piccoli cilindrata con conseguenze anche a livello occupazionale e per la competitività dei Paesi che li producono, come l’Italia, la Francia e la stessa Germania.
Questi motori, infatti – continua Giorda – dovranno essere trattati con un delta costo elevato. Il rischio estremo è che i piccoli diesel possano sparire. Insomma, se andrà così, paradossalmente non si sarà tenuto conto del fatto che il diesel è uno dei driver più importanti per abbattere le emissioni di anidride carbonica e, quindi, per il raggiungimento dei relativi target nel 2020”.
Se la spunterà l’opzione due, invece, “i costruttori – aggiunge il direttore dell’ Anfia – dovranno affrontare sempre e comunque forti investimenti, ma con tempistiche più adeguate per effettuare tutte le modifiche necessarie”.
Intanto è stata varata una commissione d’inchiesta dell’Europarlamento sul «dieselgate»: dovrà indagare sia sulla violazione delle regole UE sulle emissioni da parte dei produttori di auto, sia sulle presunte carenze degli Stati membri e della Commissione nel farle rispettare.
Tra sei mesi la prima relazione, tra un anno il verdetto finale.
A Bruxelles, alla vigilia di decisioni che dovrebbero mettere ordine (o meno) al problema, ci si muove in un difficile equilibrio: tra un’azione a tutela della salute della popolazione europea e quella di evitare che l’industria automobilistica (in caso vincessero i falchi pagherebbe per tutti), visti gli ulteriori investimenti previsti, subisca pesanti contraccolpi.
Il rischio, infatti, è che ad andarci di mezzo sia la ripresa del settore e del suo indotto proprio quando il mercato ha ripreso a correre: 13,7 milioni le immatricolazioni di auto nel 2015, con un balzo del 9,3%.
Dieter Zetsche, numero uno di Daimler-Mercedes, e presidente di turno dell’Acea, l’Associazione europea dei costruttori, ha parlato chiaro: “Non ci sono dubbi che in Europa c’è bisogno di nuovi test, ma regolamenti importanti su anidride carbonica, emissioni e test continuano a essere portati avanti separatamente, senza prendere in considerazione interconnessioni importanti. Occorre subito un’armonizzazione”.
Guerra al diesel anche a Stoccarda, sede di Mercedes-Benz e Porsche, che con Wolfsburg (Volkswagen), Ingolstadt (Audi) e Monaco di Baviera (Bmw), rappresenta l’auto Made in Germany. La città della Stella è considerata la più inquinata del Paese.
E come è accaduto a Milano e in altri capoluoghi italiani, ad andarci di mezzo è l’automobile. Sforati i limiti Ue sulle polveri sottili, le autorità hanno chiesto ai residenti di utilizzare, in questi giorni, preferibilmente mezzi pubblici e car-sharing.
La guerra alle emissioni causate dalla mobilità a motore (e qui il «dieselgate» ha le sue innegabili responsabilità) è all’ordine del giorno ovunque.

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