Sette domande a Toto Campobello

Toto Campobello è un ingegnere.

Toto Campobello è un intellettuale.

Ma Toto Campobello è un Siciliano, prima di tutto.

Arguto e distaccato.

È un viaggio misto questa nostra conversazione: nella Sicilia e nei ricordi da “Nuovo Cinema Paradiso”, ma anche un viaggio, rapido come un istantanea, nelle lotte di classe operaia, anch’esse perdute nel passato prossimo. 

C’è la polvere e ci sono le pietre delle strade della Sicilia antica e c’è la polvere e ci sono le pietre di una manifestazione operaia degli anni sessanta.

Strane analogie di polvere e pietre !

L’auto è stato anche questo, in questa città, molto, molto lontano da Stellantis.

Anzi, con una distanza stellare da Stellantis.

Con rispetto cronicistico per la franchezza delle risposte, tutto meno che politically correct, riporto integralmente.

Senza giudizio, senza pregiudizio. Con simpatia. 

1 – I primi ricordi di un’auto? In Sicilia?

Sì, in Sicilia, in collina di fronte a Lipari, nella prima metà del 1943, la corriera che ci portava da Castroreale a Barcellona (8,5 km) e ritorno, sulla strada non asfaltata. Polvere bianca e odore forte di benzina e nausea per le curve.

In paese, nella strada dove abitava mia nonna materna e stavo io con mia mamma e mia sorella, non passavano auto, solo persone, spesso a piedi scalzi, e, talvolta, asini e muli e cavalli, ma pochi. Noi giocavamo per strada e c’era la guerra e stavano per arrivare gli americani.

2 – La tua prima auto

Mia, ma non tanto: era una FIAT 850 aziendale (66/67) e/o una FIAT 600 multipla, targate SP (La Spezia) che usavamo a Cagliari dove lavoravo nel  cantiere della raffineria SARAS, a Sarroc. Si forava spesso sulle strade della raffineria ed era obbligatorio avere una specie di museruola metallica al tubo di scappamento per bloccare eventuali scintille pericolose.

La prima auto che ho guidato (senza patente e senza averlo mai fatto prima), è stata una Lancia Appia, cambio al volante, del mio amico Dado (Ferdinando) che si sentiva male e che ho accompagnato, una sera a Torino, da corso Lecce  a casa sua in Corso Matteotti.

La patente l’acchiappo nel 1961, da “privatista”, ma, motociclista e scooterista, solo macchine altrui guidai prima della 850 targata SP.

Compro, usata, all’inizio del ’68, una 500 blu (TO 956105 mi pare, cito a memoria, chissà perché).

3 – In viaggio da bambino sul sedile posteriore, in viaggio sul sedile anteriore da padre, e oggi di nuovo sul sedile posteriore…?

Sul sedile posteriore mai (quasi)!

Soffrivo (soffro) l’andare in auto e mi viene la nausea.

Da bambino (1944), a Orbassano, su un camion della caserma di mio padre, stavo, sulle ginocchia di un soldato sedile davanti e, facendo manovra per entrare nel cancello, siamo andati a sbattere contro uno dei pilastri e, dopo l’urto contro il parabrezza, vedo che quello che mi teneva in braccio sanguinava assai da un sopracciglio dopo aver sbattuto sulla mia testa che, contenti tutti, era rimasta intatta.

4 – La tua strada del cuore

Banale. Via Nino Bixio e via Ortigara, a Torino, dove, nella 600 di mio padre, io, studente, e Jacqueline, operaia alla Lancia di Borgo S. Paolo, sostavamo, talvolta, la sera prima di tornare, ognuno alla propria casa.

5 – Hai attraversato l’Italia da sud a nord chissà quante volte ? Un ricordo , una sosta , un imprevisto o semplicemente una emozione diffusa

Autostrada per Milano sino a Arluno (prima di Milano) e poi, passando nei paesi sotto la pancia di Milano, autostrada del sole, appena inaugurata, sino a Roma. Poi curve e montagne sino al ferry boat a Villa S. Giovanni. La 600 aveva, sotto il motore, uno sportellino per la presa di aereazione la cui apertura era comandata da un termostato, che io bloccavo in modo che rimanesse sempre aperta al massimo.

Ricordo me, con una 127, da solo, che parto da Messina alle tre (PM) e, tutto autostrade, al mattino alle sette vedo, il sole alle spalle, Superga.

6 -“Sali Toto …” quella volta che …

Fine anni cinquanta, in tre/quattro abbiamo comprato una FIAT Balilla vecchia (tre o quattro marce oltre quella indietro), dipinta, soprattutto in giallo, a mano con pennelli nel cortile del condominio e facevamo viaggi impegnativi (Torino mare, Torino Bruxelles e ritorno per Expo 1958).

Unico imperativo, un poco stupidino in verità, fermarsi per un quarto d’ora ogni ora di marcia.

7 – L’automobile è tante cose, anche un simbolo di classe sociale , una lotta operaia in una Torino degli anni 70 -80 , magari una manifestazione o un cancello di Mirafiori …

Cosa ti viene a mente se dico Mirafiori …

I picchetti con Caplin e Manlio e gli altri del luglio 62 alla Grandi Motori di corso Peschiera e a Mirafiori e in corso Marconi e io con la mia Ducati 125 color oro, con valvole desmodromiche, in piazza Statuto a tirare pietre alla UIL che aveva firmato con il SIDA un contratto bidone e le cariche fatte dal battaglione Padova con le jeep e la caserma di corso Valdocco dove mi hanno portato, ma gli studenti, allora, li lasciavano subito.

Il 3 luglio 69 corso Traiano sino a tarda notte, sino a Nichelino dove si contrattava con i pompieri quali auto spegnere e quali no.

Mirafiori voleva dire “andare alle porte”.

“0” era la porta alla fine di corso Tazzoli da dove uscivano le bisarche con le auto finite,

”2”  quella delle carrozzerie (la più nobile),

“5” quella degli impiegati su corso Agnelli,

la nostra era la “22” cioè le presse in viale Settembrini,

Ultime, in via Plava, le porte delle fonderie.

Mirafiori è anche uno slogan un poco scemo del luglio 1969 in Corso Traiano.   “MIRA MIRAFIORI”

Inoltre ricordo, compiaciuto (chissà perché), il paio di volte che sono entrato, nello stupore diffuso di tutti, a Mirafiori, negli anni settanta, come ingegnere che doveva fare verifiche.

7bis – Sei più guidatore o passeggero?

Più che altro motociclista

 

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