Sette domande a Luciano Borghesan

Luciano Borghesan, giornalista di cronaca per un importante quotidiano nazionale, cronista come non ce ne sono più, di quelli che conoscono la città e i suoi protagonisti. Parlare con lui è come aprire le pagine recenti di Torino, note e soprattutto non note

1 – La tua prima auto, un ricordo

La prima fu una datata Fiat 1100 D, fumo di Londra, mio padre me la lasciò in uso, e lui si comprò una 124. Da fresco di patente mi feci le ossa a sue spese: a un semaforo rosso non frenai in tempo, mi trovai due file di auto davanti, potevo far torti? Mi infilai tra l’una e l’altra, accompagnato dal suono-stereo delle carrozzerie

2 – Un fatto di cronaca, che ti viene in mente, legato ad un’automobile

Vigili in borghese su un’auto bianca, anonima, riprendono con la telecamera gli automobilisti indisciplinati che voltano da lungo Po Diaz verso piazza Vittorio, ma sono posteggiati in contromano e in divieto di sosta: un sacco di infrazioni per chi, di nascosto, è a caccia di multe. Li fotografo e pubblico il tutto sulle pagine di cronaca. Ahimè

3 – L’auto per un cronista, la sua importanza ovvero il rapporto di un cronista con l’auto

L’auto capace di fare tanti chilometri, bruciando semafori, consumando copertoni e scarpe per arrivare puntuali con il fatto

4 – Le auto del potere locale. Qualche ricordo ? Politico e/o industriale ? 

La politica torinese al servizio dell’industria.

Guai se l’ente locale non viaggiava Fiat

Guai se un partito faceva sponsorizzare le sue iniziative da una marca straniera

Se avveniva il “se”, i cronisti avevano licenza di uccidere

5 – Un invito che hai ricevuto da qualcuno importante. Tipo: “Borghesan, salga in auto … “

Il primo è stato Giacinto Pannella detto Marco: fine anni settanta, il suo pupillo locale Giovanni Negri mi combina l’intervista e il leader radicale arrivando da Caselle mi invita a salire sull’auto blu, dove si complimenta con me “sei in bravo giornalista, mi han detto che sei un compagno di Lotta Continua’. Io, sorpreso: “io no, non ho mai avuto tessere di partito”. E mai ne avrei avute: per scrivere di politica in assoluta indipendenza. Ma la mia delusione fu soprattutto per Pannella, che approvava il giornalista schierato

6 – Le attese in auto, qualcuna in particolare ? 

A scovare gli scambisti del sesso, al Valentino: una notte a fare gli occhiolini con i fari della macchina. Trent’anni fa…..

7 – Torino è ancora definibile la città dell’auto ?

Si, finché ci sarà la generazione dell’auto, gente che oltre a far girare a pieni motori il Lingotto e Mirafiori, ha contribuito a realizzare fabbriche d’auto nei Paesi in via di sviluppo. Gente d’auto

7 b – L’auto,  l’immigrazione di ieri e di oggi. Ci sono fattori in comune ?

Nelle periferie c’è lo stesso bisogno di lavoro, di avere la famiglia assieme, di conquistarsi il futuro anche se non c’è più il posto di lavoro fisso, quello che dura una vita.

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