Volvo, una nuova crociata per la sicurezza

Il coraggio ha un prezzo, ma può salvare tante vite. Lo spiega con un esempio pratico Michele Crisci, presidente di Volvo Italia e dell’Unrae (che raggruppa i costruttori esteri nel nostro paese): “Qualche cliente non ha più comprato le nostre vetture perché in tutto il mondo le abbiamo autolimitate a una velocità massima di 180 km l’ora. Pazienza, per noi la sicurezza è una missione sociale”. Una battaglia in prima linea combattuta da sempre, fin da quando nel 1959 proprio la Casa svedese inventò le cinture di sicurezza a tre punti.

“Nel 1986 – prosegue Crisci – il New York Times si scagliò con un editoriale contro le cinture sostenendo che violavano la libertà individuale, invece è stato calcolato che hanno salvato un milione di vite. E gli altri costruttori ci hanno seguiti”. Come in seguito è successo per l’Abs che gestisce le frenate, fino ai manichini “personalizzati” che simulano gli esiti dei crash test anche per le donne in gravidanza. “Tecnologie che abbiamo messo gratuitamente a disposizione dei nostri concorrenti rinunciando al business di eventuali brevetti”, fa notare il manager. Il prossimo step sarà una speciale telecamera inserita di serie nell’abitacolo (forse già nel 2021) per monitorare il grado d’attenzione di chi sta al volante: se si distrae, magari per utilizzare lo smartphone, un warning sonoro lo richiama al dovere, prima di intervenire direttamente sul veicolo.

Volvo rilancia ancora sul fronte sicurezza. “A million more”, un altro milione di vite da salvare, è lo slogan che accompagna la campagna di sensibilizzazione presentata in un evento globale che ha collegato i Volvo Studio di Stoccolma, Milano, Varsavia, New York e Tokyo. “La nostra attenzione spazia su tutti i fronti – ha spiegato Malin Ekholm, responsabile sicurezza del brand – dall’assistenza alla guida al controllo delle distrazioni, dall’evoluzione degli airbag alla corretta collocazione dei seggiolini per i bambini. Educare i giovani alla sicurezza stradale è fondamentale”.

Lo Studio milanese ha ospitato anche la dirigente della Polstrada Federica Deledda, che ha illustrato il progetto Icarus esportato in numerose nazioni europee e volto proprio alla sensibilizzazione di bambini e adolescenti. “Ma anche i genitori devono fare la loro parte, per esempio non affidando ai neopatentati piccole vetture vecchie e pericolose. I giovani hanno già il vulnus dell’inesperienza, gli servono le migliori tecnologie”.

Crisci ha sottolineato la situazione precaria del nostro parco circolante: “Il più vecchio d’Europa, con 20 milioni di veicoli ante Euro4, cioé con almeno 10-15 anni, dunque senza i recenti sistemi di sicurezza. Però non dimentichiamo che il fattore-uomo è sempre determinante: la tecnologia non può sostituirci, non si può azzerare la fisica. Per questo abbiamo limitato le Volvo a 180 km/h. E sono certo che gli altri ci seguiranno, come è accaduto in passato”.

Le statistiche svelano come gli incidenti stradali rappresentino la principale causa di morte per i giovani tra i 15 e i 24 anni. Ogni giorno sulle nostre strade muoiono 9 persone (661 i feriti) e la distrazione resta al primo posto nel determinare gli impatti fatali.

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