C’era l’auto col visone: la Stutz Blackhawk

Con le recenti abbondanti nevicate ho pensato di riparlare dell’auto col visone. Le vetture di una volta non nascevano dal foglio bianco come adesso. Alcune veramente bizzarre ed estrose erano Il risultato di collage, di ingegno stile Lego. Pochi sanno che una super auto di questo tipo veniva costruita in un ex pollaio di Cavallermaggiore vicino a Cuneo. Strano ma vero, ne furono realizzati 120 esemplari. Questa vettura per Paperon dei Paperoni era venduta, però fuori dall’Italia, in esclusiva negli States. Era la Stutz Blackhawk, marchio fallito nel 1938.

Fra i clienti anche Mike Bongiorno

Ad accaparrarsi i pochi pezzi rari fior di collezionisti e nomi cult come Elvis Presley, Dean Martin, Sammy Davis junior, il pianista Enzo Liberace, Mike Bongiorno, il re della musica folk Buck Owens, per ricordarne alcuni di questi, pronti a sborsare una cifra che si aggirava sui 30 milioni di lire di allora. Misurava come un piroscafo, sei metri in lunghezza, molto di più di una attuale Mercedes Classe S (5,25 metri), due in larghezza, due portiere, quattro posti. Definita “folle”, in quel periodo, da Nuccio Bertone. In America era reclamizzata come un “capolavoro dell’arte italiana”.

Il marchio acquistato per una manciata dollari

A realizzarla in Piemonte erano stati due ex operai specializzati: Rinaldo Mina e Gabriele Martino. Ma tutto nacque per un caso quando degli uomini d’affari americani rilevarono, per pochi dollari il marchio. Loro desiderio era quello di contrastare la Rolls Royce. Fecero disegnare da Virgil Exener, stilista della Chrysler, un prototipo per poi girarlo ad un carrozziere italiano. Proprio a Rinaldo Mina che, nel frattempo, si era messo in proprio, aprendo una officina chiamata Saturn.
E questo piccolo genio ne riusciva a vendere sei esemplari al mese. Per montarne una, i 35 dipendenti di questa originale e impertinente fabbrichetta impiegavano 890 ore in totale.

Mina era una miniera d’idee

Mina era una miniera di idee: acquistava negli Usa il coupè Pontiac Grand Prix della General Motors, che poi veniva spogliato della carrozzeria e dei componenti meccanici e su una sagoma di legno prendeva forma la Stutz in acciaio mentre la calandra in ottone veniva richiesta ad un artigiano locale ed i fari anteriori erano commissionati ad un fabbro che lavorava in zona. Ovvio che l’abitacolo era quello che creava i maggiori grattacapi in fase di realizzazione in quanto le richieste degli esigenti clienti d’oltreoceano erano oltremodo stravaganti ed impensabili.

Presley la pretese con il cincillà

Clienti stravaganti e pretenziosi. Chi voleva le portiere rivestite in visone , Presley chiese il cincillà, Dean Martin fece rivestire in visone sia i sedili che il cruscotto e volle inoltre che il cofano del bagagliaio fosse in leopardo e le maniglie in oro a 18 carati. L’attrice Lucille Ball chiese tassativamente la carrozzeria in viola pallido.

Anche Bepi Koelliker ne fu stregato

Ad innamorarsi della Stutz Blackhawk vi fu anche un noto italiano: Bepi Koelliker, concessionario di auto di lusso a Milano, il padre di Luigi che ha importato, com’è noto, marchi coreani e giapponesi ma che è stato sempre un punto di riferimento del cliente raffinato.

Ma le maniglie erano della… Fiat 127

Non sono mancati i detrattori di questo prodotto, quelli che hanno sparato a zero sui finti scarichi cromati laterali, sugli interruttori interni della Mini Innocenti, e le maniglie delle portiere delle prima Fiat 127.

3 commenti
  1. maurizio ghezzer
    maurizio ghezzer dice:

    Complimenti all operaio per il suo contributo. Era davvero un opera d arte!

  2. luciano
    luciano dice:

    concordo con il commento sopra. Io sono uno dei 35 operai che lavorava alla Saturn per quanto faticoso era ed è ancora un orgoglio per me aver lavorato e costruito queste opere d’arte, Opere d’arte perchè veramente lavorate rigorosamente a mano ed ogni auto aveva le sue richieste quasi sempre diverse ma sempre realizzate con grande capacità. Ricordo la richiesta di uno sceicco che pretese un passo allungato ( stava giusta su un peso pubblico da ruora ant. e ruota post.) tettuccio apribile elettricamente, sedile postriore ( poltrona regale) con pistone idraulico che la spingeva a filo tettuccio e poi cominciava a royeare lentamente così lui poteva salutare i suoi sudditi. sfido oggi a realizzare richieste simili allora eravamo negli anni 70′ ripeto opere d’arte

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