La morte del diesel e la mia Opel Rekord di una vita fa

Quarant’anni fa, il 14 marzo 1978 avevo comperato un “pacchetto da corsa” in vista delle stagione agonistica in arrivo.
Ne facevano parte una Porsche SC 2700 preparata (così così) in Gr.4, un carrello per trasportarla e una vecchia e stanca Opel Rekord diesel di un orripilante color verde chiaro metallizzato con gancio traino.
Ecco ho ripensato a quella vettura nei giorni scorsi girando per gli stand del Salone dell’Auto a Ginevra. Quella era davvero un’auto messa male sia all’esterno, dove molte botte l’avevano martoriata, sia all’interno dove i sedili non erano soltanto frusti ma denunciavano la presenza di molle vogliose di fuoriuscire, vere armi improprie per i pantaloni.
Aveva il cambio al volante, ma nel senso che la leva era sistemata lì, e impiegava molti secondi per riscaldare le candelette, dopo di che si poteva avviare il motore.
Lanciata, quell’auto faticava a passare i cento all’ora e la sua accelerazione metteva tenerezza. Eppure svolgeva magnificamente il suo compito: trainava benissimo il carrello, si comportava bene, pur con le gomme stradali di serie, anche sui tratti sterrati dove veniva usata come auto di prova, sembrava indistruttibile e poi consumava poco (fondamentale per chi come me risparmiava su tutto per poter essere al via delle gare).
Ricordo benissimo che il gasolio costava 162 lire al litro mentre la benzina passava le 800 lire (un salasso abbeverare la Porsche che in gara faceva a fatica i 4 km con un litro, con i percorsi che al tempo erano lunghissimi), pertanto la vecchia Rekord, inguardabile e affaticata, l’adoravo.
Ecco, quell’auto mi è tornata in mente sentendo un po’ tutti i costruttori cantare il de profundis al diesel e ai motori attuali che hanno toccato vertici tecnici di straordinario valore. La colpa è del gasolio che si porta dietro il problema delle emissioni legate agli ossidi di azoto, assoluti nemici dell’ambiente, ma è anche una buona scusa perché gli stessi costruttori temono come la peste i nuovi limiti che verranno imposti dall’Unione Europea nel 2025 e che promettono di essere impossibili da rispettare. Insomma, costruire motori capaci di essere in regola è un impegno economico talmente gravoso che è meglio dire basta, ammantando il tutto con la giustificazione che lo si fa per essere politicamente corretti.
Sì, ascoltavo tutti e sorridevo ripensando alla mia “verdona” che fumava nero più di un turco. Marciava in un tempo in cui le emissioni nocive nei grandi centri superavano in molte decine di giorni il limite di allerta, e sottolineo allerta, che era pari a concentrazioni di PM10 di 375 microgrammi/metro cubo. Adesso, quando va proprio male, una città come Milano supera i 150 al massimo una decina di volte in tutto un inverno e i 50 (che sono l’allerta) in una trentina di giornate, non di più.
A Ginevra mi annotavo tutti i proclami contro il diesel e mi felicitavo da solo perché sono stato un sopravvissuto, anche se poi mi chiedo di continuo come sia riuscito a sfangarla. (quattroruote.it)

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