Il nodo delle alleanze agita i vertici Fca

Rapporti difficili tra Elkann, che vuole un partner, e Marchionne che prende tempo

L’operazione Mitsubishi Nissan è andata in porto: il 34% della prima è ora nelle mani della seconda. E Carlos Ghosn, che guida l’Alleanza Nissan Renault, da dicembre aggiungerà ai suoi incarichi anche la presidenza di Mitsubishi. Da condivisione degli impianti, acquisti congiunti, piattaforme in comune e una maggiore localizzazione dei marchi, l’«Alleanza», che coopera anche con Daimler, si aspetta vantaggi ingenti.

Il gruppo punta al terzo posto nella graduatoria mondiale con 10 milioni di vetture prodotte, e a essere un polo leader nei veicoli elettrici. Ci sono poi Suzuki e Toyota (quest’ultima già collabora con Subaru, ha in pancia Daihatsu ed è in joint venture con Psa e Bmw) alla ricerca di possibili aree dove avviare sinergie «green». Nel caso di Suzuki, l’intesa con un altro partner era nell’aria dopo lo scioglimento dei vincoli azionari con il gruppo Volkswagen.

La febbre delle alleanze tra case automobilistiche riprende dunque a salire. Ed è singolare, a questo punto, vedere come chi per primo ha parlato della necessità di un consolidamento nel settore, cioè il gruppo Fiat Chrysler, continui a rimanere al palo, assistendo da spettatore al nuovo risiko. È vero che l’ad di Fca, Sergio Marchionne, ha in più occasioni rimarcato come la ricerca del terzo socio abbia i suoi tempi e non possa avvenire dall’oggi al domani. Ma il problema è che via via le caselle libere vengono occupate e i margini di manovra si riducono. Suzuki, tra l’altro, ha prodotto per Fca, nel suo impianto ungherese, il modello Fiat Sedici e tuttora riceve da Torino motori diesel. Anche Mitsubishi lavora per Fca, a cui fornisce il pick-up Fiat Fullback.

L’input che il presidente John Elkann ha dato a Marchionne è quello di realizzare un’alleanza dai grandi numeri, capace di proiettare la nuova entità ai vertici della classifica mondiale, anche se dovesse comportare la diluizione nell’azionariato di Exor, la holding di casa Agnelli. Finora, però, Marchionne ha ricevuto solo dei «no» alle sue avances. E visto che un accordo del genere, come è accaduto per l’operazione Chrysler, ha bisogno di tempi lunghi, e che lo stesso Marchionne ha previsto di lasciare il volante di Fca nel 2019, ecco i margini restringersi ancora. Prevarrà la pista cinese (Gac o Baic), visto che i costruttori asiatici smaniano di espandersi nei vari mercati? Un’altra ipotesi è quella coreana, ma Samsung, pure desiderosa di allargare il business alle quattro ruote e interessata a Magneti Marelli, è in piena crisi a causa del suo ultimo smartphone. E quindi, per un po’, avrà altro a cui pensare.

Il mondo dell’auto è in piena evoluzione: la crescente necessità di «elettrificare» e «ibridizzare» la gamma per rispondere alle future norme ambientali (Fca è in ritardo) e la ricerca legata alla guida autonoma, richiederanno ai costruttori sempre più investimenti. Condividerli è la parola d’ordine. E Marchionne lo sa bene.

Tutte queste difficoltà, insieme con la stagione nera della Ferrari in F1, sarebbero tra le cause dei rapporti non più idilliaci tra l’ad ed Elkann. C’è addirittura, forse esagerando, chi li definisce come «separati in casa». Sergio e John, del resto, da più di un anno non si fanno più vedere insieme agli incontri con i media in occasione dei Saloni auto. Su alleanze e sugli sviluppi in corso nel settore, Marchionne sarà sicuramente sollecitato dagli analisti nella conference call che domani seguirà il cda di Fca per l’ok ai conti del terzo trimestre

Non è allora forse stato solo un caso che per Marchionne, che pure dovrebbe essere in buoni rapporti con il suo illustre inquilino, la Casa Bianca continui a essere «stregata». Alla cena di gala organizzata da Barack Obama, con ospite il premier Matteo Renzi, erano presenti Elkann e signora, che già avevano incontrato il presidente Usa, a Roma, durante l’ultima sua visita in Italia. Negli otto anni di presidenza Obama, l’ad di Fca, invece, non ha mai varcato il portone della Casa Bianca; al contrario dell’ex numero uno di Ford, Alan Mulally, assiduo frequentatore. E Mary Barra? L’attuale ad di Gm, che ha più volte respinto l’invito a nozze di Fca, era stata indicata da Hillary Clinton come candidata alla vicepresidenza degli Usa. E se Hillary subentrerà a Obama, c’è da scommettere che la «nemica» numero uno di Marchionne sarà un interlocutore privilegiato della Casa Bianca.(tratto da IlGiornale.it)

 

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