Non potremo fare a meno del Diesel

Se lo scandalo delle emissioni truccate sui motori diesel della Volkswagen ha creato un indubbio dramma industriale per il Gruppo tedesco, l’alimentazione a gasolio continua a restare comunque la preferita dagli automobilisti europei. La ragione è essenzialmente economica, per l’indubbio vantaggio che comporta sceglierlo, specie per chi affronta lunghe percorrenze annue. Ma anche dal punto di vista ambientale, visto che i progressi tecnologici lo hanno reso ambientalmente “pulito”, o comunque in termini assoluti non più inquinante della benzina.

L’ingeneroso processo mediatico che ha fatto salire questo tipo di carburante sul banco degli imputati peraltro non ha condizionato chi ha acquistato una vettura nuova nel mese di ottobre, in piena tempesta dieselgate: secondo i dati della Motorizzazione infatti le immatricolazioni delle auto a gasolio in Italia hanno continuato a crescere a doppia cifra, incrementando la propria quota di mercato che ha toccato il 55,6% del totale. Lo scandalo tedesco insomma non segnerà la fine del gasolio da noi, almeno in tempi brevi. Ed è probabile che non lo farà nemmeno in Germania (+6% a ottobre) e negli Stati Uniti. A sostenerlo è proprio il “padre” del dieselgate, cioè Dan Carder, responsabile del team di ricercatori Usa che ha scoperto l’inganno sulle emissioni, truccate dal software illegale immesso nelle centraline. «All’epoca della scoperta – ha spiegato all’Ansa il direttore ad interim del Centro per Carburanti Alternativi, Motori ed Emissioni (CAFEE) dell’Università del West Virginia – avevamo immaginato che la situazione si sarebbe potuta rettificare attraverso un richiamo volontario delle vetture irregolari. Ma, alla luce della lettera dell’Air Resource Board (il californiano CARB, ndr), che racconta dello scambio di contatti con Volkswagen, gran parte delle restrizioni imposte nel mercato Usa sono il risultato proprio del fallito tentativo di Volkswagen di condurre quel richiamo volontario. Detto questo, demonizzare il diesel è sbagliato, anche perchè molto è stato fatto in questi anni per renderlo pulito». Carder ha aggiunto che i test del centro da lui guidato proseguiranno sui diesel di altri modelli e marchi. Infine, manifesta una fondata speranza: che il CAFEE diventi «parte integrante delle future attività di regolamentazione e di verifica della conformità che si svolgeranno in tutto il mondo. Molte delle quali si concentreranno specificatamente sull’efficienza in uso (ciclo reale) delle emissioni e sull’impatto ambientale».

A questo proposito, proprio la scorsa settimana la Commissione europea ha stabilito le nuove modalità (che entreranno in vigore nel 2017 per tutti i nuovi modelli, e nel 2019 per tutte le auto vendute nella Ue) per valutare le emissioni delle auto diesel. Malgrado i governi europei siano riusciti a far passare una regolamentazione progressiva delle stesse molto meno penalizzante per le Case automobilistiche in termini sostanziali e di tempi di applicazione di quanto precedentemente ipotizzato, un preoccupato allarme viene dalla Acea. Secondo l’associazione europea dei costruttori, con questi nuovi standard di omologazione «sarà estremamente difficile per i produttori di auto raggiungere in un breve lasso di tempo l’efficienza richiesta». La conseguenza diretta, spiega l’Acea, «è che un notevole numero di modelli diesel sarà gradualmente fuori norma e quindi dovranno essere ritirati dal mercato prima del previsto».

Ma del diesel, l’auto continuerà ad avere disperatamente bisogno: «Avere meno auto a gasolio in commercio – continua l’Acea – comporterebbe gravi implicazioni economiche per tutti, visto che renderà più difficile soddisfare gli obiettivi della normativa 2021 sulla riduzione delle emissioni di CO2, dal momento che i motori diesel emettono 15-20% in meno di CO2 rispetto ai motori a benzina comparabili».

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