Auto e Cinema. Piedeamaro e la Fiat 1100/103

“Datemi chiacchera”, dice Piedeamaro, quasi “addormito” ai suoi compagni mentre è alla guida della sua 1100/103 truccata. Deve raggiungere, da Milano, Bologna in meno di due ore. Questa, una delle battute più famose de “L’audace colpo dei soliti ignoti”, firmato dal bravo Nanni Loy, intelligente sequel del 1959, de “I soliti ignoti” di Mario Monicelli del 1958.

Rispetto a questo l’Audace colpo… ha una sua struttura ben articolata che si poggia su quasi tutto il cast (mancano Totò e Mastroianni) monicelliano. Il film registrò un bel successo di pubblico perché ben s’innestava, pur con mano registica diversa, nelle vicende del gruppo di ladri “per caso” romano che, però, stavolta va in trasferta a Milano per un colpo organizzato da uno squinternato meneghino ai danni dell’incasso domenicale del Totocalcio.

La rapina automobilistica riesce, nonostante avventure e disavventure, casualità, colpi di scena. Alla fine a Roma il gruppo ha in mano una valigia zeppa di soldi veri, quasi 80 milioni. Ma l’esito finale è il solito: la banda anche perché tallonata ormai dalla polizia, lascia il malloppo in un giardinetto. Alla fine l’unico ad ottenere qualcosa è il mai sazio Capannelle che, custode del denaro, si è lasciato andare. Ha sottratto 10 mila lire dalla valigia ed è andato al ristorante. Per l’indigestione finisce poi in ospedale. I sodali accorrono e lui, poverino, morente, per un attacco al cuore collegato alla “magnata” dice “stavolta però ho pagato!”e fa vedere la ricevuta dove è elencato quanto ha preso: tutto il menù in pratica e, come ultimissima portata, dopo dolce, caffè e liquorino, anche fagioli col tonno. Spesa totale 7750 lire.

In questo film, che rimbecca con ironica la struttura classica dei film d’azione basati sulla realizzazione al dettaglio di un colpo grosso, il gruppo entra nella modernità. Se nel film di Monicelli tutto si svolge in ambiente romano – quello della modesta mala dello “scavalco”, del borseggio, magari a Porta Portese la domenica – la nuova avventura della compagine indossa il moderno qui rappresentato dal viaggiare, dalle donne (nel film c’è pure una graziosa basista, una ragazza un poco suonata che crede d’essere una soubrette) e, soprattutto, dai motori.

E, appunto, il nuovo personaggio del gruppo è proprio colui il quale deve provvedere, grazie all’ automobile, al buon esito del colpo. E’ Piedeamaro, unico incensurato del gruppo, rottamatore, mago delle elaborazioni motoristiche – interpretato da un ottimo Nino Manfredi – afflitto però sia da una timidezza ansiosa sia da una situazione familiare bislacca. Non avendo soldi per dividersi dalla moglie è stato costretto, quando questa lo ha abbandonato, a convivere con la suocera e il figlioletto. Dal punto di vista professionale è un autodidatta. Ad esempio spiega al figlio che la differenza tra un’Ardea e un’Aprilia sta nel fatto che la carrozzeria della seconda è, nel posteriore “più pizzuta” della prima. Contattato dalla banda aderisce alla proposta criminosa che prevede un’organizzazione precisa “sci..sci… scientifica!” come dice e ridice Er Pantera, il grande Gasmann.

Detto fatto Piedeamaro s’impegna sia ad insegnare, con esiti disastrosi, a guidare a Ferribotte (l’eccellente Tiberio Murgia) a bordo di un cabriolet Fiat (una vecchia 1500, o forse una 1100 approntata da un carrozziere) che ha la particolarità della doppia guida, sia ad elaborare un motore, potenziandolo. Questo dovrà essere poi montato sull’auto che servirà per il colpo. Piedeamaro è, si potrebbe dire, uno sperimentatore intuitivo. In parole povere: ci prova. Di fronte ai compagni avvia al banco il motore. Un rombo, giri al massimo per alcuni secondi e poi il silenzio. Piedeamaro sentenzia, in risposta all’attonito stupore dei complici: “E’finita la benzina”. “Ma quanta ce n’hai messa ? ribatte il gruppo. “Cinque litri, ma so’ troppi i carburatori” risponde, serafico.

Comunque, in un modo o nell’altro, si trova l’auto, una Fiat 110/103, spinta da un motore potenziato, però funzionante. A riprova della creatività della banda romana la vettura è dotata di due “artifizi” geniali per sviare le forze dell’ordine. Un meccanismo permette di cambiare dall’abitacolo la targa posteriore facendola rigirare su se stessa: in tal modo quella originale scompare presentandone una fasulla incollata sul retro della prima. L’altro tocco, più complesso, riguarda il colore della 1100. Viene cambiato del tutto applicando una pellicola adesiva, però staccabile, alla bisogna.

Infatti, al momento opportuno verrà tolta dalla banda con le mani, i piedi e i denti. E il momento giusto è quello in cui la Fiat 1100/103 è sulla strada per Bologna. La polizia passa e non si accorge di nulla proprio perché il gruppo ha messo in opera la coppia di trucchi.

Il colpo è riuscito ma qualcosa è andato storto. Il bottino c’è ma si è perso Er Pantera. Il piano “sci… sci… scientifico” è saltato tutto nelle concitate fasi della rapina, attuata speronando con un camion OM l’auto del Totocalcio, pure questa una Fiat 1100/103, però familiare, che trasporta i soldi. Ma i tempi vanno rispettati perché la banda deve salire, per l’alibi, sul treno che da Milano fa scalo a Bologna, diretto a Roma, a bordo del quale ci sono i tifosi giallorossi reduci dalla partita col Milan. Sul treno, sempre per l’alibi, erano già saliti all’andata, per la trasferta al Nord, i componenti della ghenga. Bologna quindi deve essere raggiunta in tempo utile per far salire il gruppo sul treno. Piedeamaro s’impegna ma è stanco. Si è già “fatto” Roma-Milano, non dorme da 24 ore. A un certo punto Mario (interpretato da Renato Salvatori) si accorge che Piedeamaro sta addormentandosi al volante. Lo scuote. L’uomo si riprende e, detta la frase di apertura del pezzo, aggiunge “parlate, cantate…”.Allora Capannelle si mette a intonare in modo straziante “Tua” di Jula de Palma, canzone allora giudicata dai bigotti scandalosa. Piedeamaro strabuzza gli occhi, si riprende, risponde “ …e de tu nonno!” e pigia sull’acceleratore. Subito dopo brucia un rosso nel centro di Bologna, ma non se ne accorge e riesce ad arrivare in tempo per il treno per Roma. Dopo questa avventura on the road il film si dipana fino a Roma dove è riuscito ad arrivare anche lo scomparso Gasmann accompagnato dalla ragazza basista.

Ancora oggi il film è godibile nella sua interezza: consiglio di rivederlo, perché, in alcuni momenti, è davvero divertente mentre in un altro, l’ultimo saluto a Capannelle, quasi commuovente.

Ed eccoci in chiusura ad una descrizione sintetica della vettura protagonista del raid milanese dello scalcinato gruppo. La 1100/103 è figlia della Fiat 508 C del 1937, denominata Nuova Balilla 1100. La seconda versione, proposta sul finire del 1939, è la prima che assume il sintetico nome di Fiat 1100. E’ conosciuta anche come “Musone” per il design con una grande calandra spartivento che rimpiazza quella più piccola e, per tanti, più elegante, della prima versione. Questa 1100 attraverserà gli anni bui della guerra e quelli del primo dopoguerra. Nel 1948 esce la versione B e, nell’autunno dell’anno dopo, la E in produzione sino agli inizi del 1953 quando, in aprile, scende in campo la 1100/103.

Della precedente 1100 mantiene solo il motore 4 cilindri di 1089 cc, di 36 hp. La novità essenziale è che la 103 è a scocca portante. C’è dell’innovazione anche nel resto. Un esempio tra i tanti: la leva del cambio al volante. La carrozzeria, 4 porte, 3 volumi, interpreta poi, in maniera dignitosa, le tendenze stilistiche estetiche e volumetriche europee dell’epoca con linee morbide e tondeggianti, mentre gli interni sono abbastanza spaziosi.

Due gli allestimenti proposti la spartana A e la curata B, dotate entrambe tra l’altro di panca anteriore unica che permette di ospitare tre persone, oltre alle tre dietro. Da subito la B anche se più cara della A, è la più venduta. Questo dato certifica che, fin dall’inizio, la 103 sia stata identificata dal pubblico come la vettura media ideale italiana: adatta alla famiglia, dignitosa in forma, aspetto, allestimento, con prestazioni e consumi sufficienti con costi d’acquisto e di gestione contenuti.

Nel tempo sulla piattaforma della 103 la Fiat presenta diverse versioni: la Familiare, subito apprezzata dai commercianti, comunità e famiglie numerose, la Turismo Veloce con motore più brillante di 50 hp e modifiche leggere alla carrozzeria e dotazioni tra cui spicca un faro centrale posto in mezzo alla calandra e, nel 1955, la Trasformabile, agile spider, ideato dalla Sezione Carrozzerie Speciali della Casa spinto dal motore della TV.

Negli anni successivi, attraverso diverse serie, miglioramenti tecnici e variazioni dei tratti stilistici, la Fiat 1100 proseguì la sua dignitosa carriera che si concluse, in Italia ed Europa, nel novembre 1969, con l’uscita dal listino dell’ultima versione, la R, dove la lettera sta per “Rinnovata”. In tutto 30 anni di produzione La ormai classica 1100 che tanta parte aveva avuto nella storia della motorizzazione italiana lasciava il posto ad un’altra Fiat cardine destinata a lasciare il segno, la 128, prima Fiat a trazione anteriore.

 

 

 

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