Dall’alba al tramonto, sull’automobile con Salvatore Tropea

C’è ma non si vede, è una presenza della mente che accompagna i venti racconti senza mai imporsi con quel protagonismo che spesso si associa alla inutile e volgare visibilità.

La narrazione dei fatti può svilupparsi nel tempo e nello spazio, andare per argomenti più svariati e per epoche e luoghi differenti senza che lei faccia irruzione rompendo la linearità del racconto. Ma c’è: come mito in tempi per lei ancora primitivi, come riscatto sociale, come strumento di lavoro, come ambizione postadolescenziale, come voglia di libertà e di conoscenza, soprattutto di evasione.

Nell’’ultimo libro di Salvatore Tropea “Dall’alba al tramonto -Viaggio in venti quadri” edito da Nerosubianco, l’automobile (perché è di questo oggetto che stiamo parlando) è una costante senza la quale sarebbe stato difficile dire o fare le cose che vengono dette e fatte in un succedersi di eventi che possono stare singolarmente o collegati in una non ricercata forma biografica.

La si può avvistare seppure molto vagamente nella fantasia di un bambino e con maggiore evidenza nei desideri di un giovane, ma può anche diventare il mezzo col quale spostarsi per raggiungere luoghi intravisti sulle carte geografiche o nei libri di storia. Solo l’automobile ti può permettere di attraversare in lungo e in largo: gli Stati Uniti vedendo cose che sarebbe quanto meno improbabile scoprire per caso. E sempre l’automobile e lo strumento della fuga, di qualsiasi fuga, per qualsiasi motivo, a tutte le latitudini e fino a una ragionevole età. E non è pensabile un rapporto affettivo che non sia cominciato e proseguito con la complicità dell’auto, che diventa rifugio, mezzo di lavoro, casa provvisoria e all’occorrenza alcova.

Nei venti quadri illustrati da Salvatore Tropea (che di automobili si è anche occupato a lungo professionalmente) la quattroruote è più che un escamotage narrativo. Forse un omaggio per qualcosa con la quale hai convissuto per un lungo tempo.

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