e-fuel, biocombustibili, elettricità: a ciascuno il suo? Sembrerebbe di no…

Chiariamolo subito: finora, gli e-fuel non hanno avuto una grande diffusione e in generale sono considerati insufficienti, costosi e inefficienti. E infatti, la Commissione europea aveva indicato fossero da adottare principalmente per il traffico marittimo o aereo che (evidentemente) durante i loro spostamenti non possono essere ricaricati facilmente con l’elettricità. Inoltre, secondo uno studio dell’Istituto di ricerca sull’impatto climatico di Potsdam (PIK), i volumi di produzione previsti per il 2035 non sono sufficienti neppure a coprire la domanda per questi settori, figuriamoci per milioni di autovetture!

In ogni caso, sembra che siano stati Scholz e Macron a mettersi d’accordo per modificare l’accordo di eliminare dal 2035 la vendita di auto nuove con motore endotermico (almeno in Germania) e così con l’avallo del Consiglio europeo anche dopo quell’anno ne potranno essere immatricolate, a patto che siano alimentate con gli e-fuel, carburante neutro per il clima. Ad annunciarlo “ufficialmente” su Twitter sono poi stati il ministro dei trasporti tedesco Volker Wissing e il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans.

Secondo Der Spiegel, il cancelliere della Germania Olaf Scholz aveva prima raggiunto un accordo con il capo del governo francese Emmanuel Macron, e quindi Wissing è riuscito a convincere il governo svedese. Così, la Commissione europea non ha avuto altra scelta se non giungere a un accordo.

Wissing ha affermato che così l’Europa rimane neutrale dal punto di vista tecnologico e che sono stati fissati in modo vincolante passi procedurali concreti e un calendario specifico. “Vogliamo – ha twittato – che il processo sia completato entro l’autunno 2024”.

Anche Timmermans ha espresso la sua opinione su Twitter: “Abbiamo raggiunto un accordo con la Germania sul futuro utilizzo dei carburanti elettronici nelle auto”. E ha aggiunto che ora si lavorerà il più rapidamente possibile sulle emissioni di CO₂ delle auto.

Fin qui la politica, ma che cosa sono esattamente questi sconosciuti (almeno per noi in Italia) electrofuel?

Sono carburanti sintetici liquidi o gassosi che si ottengono scomponendo l’acqua in idrogeno e ossigeno (elettrolisi) e con un particolare processo chimico industriale (il procedimento di sintesi Fischer-Tropsch) con cui l’idrogeno viene miscelato con l’anidride carbonica presente nell’aria. Basta poi aggiungere alcune sostanze catalizzanti ed ecco il carburante sintetico e pulito in grado di alimentare i famigerati motori endotermici.

Tutto semplice e facile? Sembrerebbe, ma il procedimento richiede grandi quantità di acqua e di energia elettrica e per essere sostenibile quest’ultima deve rigorosamente essere prodotta da fonti rinnovabili – come il solare o l’eolico – altrimenti l’e-fuel non sarà di certo ecologico. Ma non basta, perché per essere considerato “verde” questo carburante deve essere prodotto prelevando una quantità di CO2 pari a quella rilasciata dal motore che lo utilizza. Solo così può dirsi “carbon neutral” e quindi entrare nell’accordo tra Unione Europea e Germania.

Come per qualsiasi attività o decisione, anche per l’e-fuel le prese di posizione pro e contro si sprecano. Da un lato c’è chi afferma che un litro di questo carburante dovrebbe costare oltre 10 euro e che per produrlo servirebbero almeno due litri d’acqua. Dall’altro lato c’è chi sostiene che grazie a economie di scala il costo sarebbe sensibilmente minore e che il suo uso porterebbe indubbi vantaggi all’ambiente, senza rendere difficile la vita agli automobilisti: sarà sufficiente una strategia che ne ampli il più possibile il campo d’utilizzo e una accorta politica di incentivazione a livello globale.

Il vantaggio dell’e-fuel rispetto all’alimentazione elettrica è che può essere conservato a temperatura ambiente senza problemi di stoccaggio, pressione o distribuzione. In pratica, l’attuale processo logistico e la rete di distribuzione dei carburanti tradizionali potrebbero essere adattati senza un costo eccessivo.

Fin qui gli e-fuel tanto caldeggiati dalla Germania, ma che differenza c’è con i biocombustibili che sembrano essere stati dimenticati dall’accordo?

Quando si parla di biocombustibili, si intende il biodiesel, i bioalcool (bioetanolo, biometanolo, biobutanolo), il biogas, il syngas e i biocombustibili solidi come il legno, il carbone e la segatura. Sono derivati da fonti rinnovabili come le piante e gli animali, sono carbon neutral e rinnovabili, rappresentano quindi una buona alternativa ai combustibili fossili.

Alcune piante vengono coltivate proprio per produrre biocombustibile. Per esempio, negli Stati Uniti la soia e il mais, in Brasile la canna da zucchero, in Europa la barbabietola da zucchero e il grano, in Cina la manioca e il sorgo, nel SudEst asiatico l’olio di palma, in India la jatropha.

I biocombustibili di prima generazione sono prodotti con tecnologie convenzionali da zuccheri, amidi, olio vegetale o grassi animali. Siccome si tratta di materie prime che sono anche risorse alimentari, la produzione è limitata per ridurre gli effetti negativi sulla disponibilità di cibo e sulla biodiversità.

I biocombustibili di seconda generazione sono prodotti utilizzando prodotti non edibili o parti di piante edibili che non possono essere utilizzate come cibo: steli, gusci, trucioli di legno, bucce…

Questo tipo di biocombustibili permette una maggior riduzione delle emissioni di gas serra ma la loro produzione è più complessa in quanto è necessario estrarre le materie prime utilizzabili dalla biomassa legnosa o fibrosa.

Infine, i biocombustibili di terza generazione sono prodotti a partire dalle alghe, con la fermentazione dei carboidrati presenti in queste piante.

I biocombustibili di seconda e terza generazione vengono anche chiamati “avanzati”. Un esempio ancora in fase di sviluppo di combustibile avanzato è il diesel rinnovabile prodotto a partire da oli vegetali o grassi animali che vengono trattati nelle raffinerie di petrolio.

Si tratta di prodotti altrettanto interessanti rispetto agli e-fuel, ma come mai allora la Germania nel suo accordo con l’Unione Europea spinge per questi ultimi?

Sembra che l’interesse sia motivato soprattutto dal fatto che molte aziende tedesche hanno investito in questa tecnologia. Bosch, Mahle e ZF fanno parte della e-Fuel Alliance, una lobby del settore. Porsche ha realizzato in Cile un impianto con l’obiettivo di produrre oltre 500 milioni di litri all’anno di e-fuel, BMW ha investito 12,5 milioni di dollari in Prometheus Fuels, una startup americana che sviluppa strumenti per filtrare la CO₂ utilizzando acqua, elettricità e membrane di nanotubi per produrre e-fuel. Inoltre, i costruttori tedeschi affermano che i carburanti sintetici sono molto adatti ai motori potenti: lo dimostra la scelta della Formula 1 di utilizzare e-fuel dal 2026, con la carbon neutrality da raggiungere nel 2030.

Ma l’e-fuel non è prerogativa tedesca: secondo la lobby e-Fuel Alliance è già prodotto anche in Islanda, nel 2024 la norvegese Norsk e-Fuel dovrebbe iniziare a produrlo (anche se soprattutto per aviazione) e presto lo sarà anche in Spagna, Danimarca e Svezia.

Quindi, molti i Paesi coinvolti ma non l’Italia. Italia che, dopo aver sfruttato malissimo il treno del biometano anni fa, ora sembra essere fuori dai giochi anche per gli e-fuel…

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