Incidenti stradali e Covid

European Transport Safety Council (ETSC), l’organismo indipendente che si occupa da tempo di sicurezza stradale e svolge studi per la UE e per molti Governi, ha pubblicato alla fine di ottobre un’interessante indagine sulle dimensioni della mortalità dei giovani nelle strade europee, relativa al 2019, l’ultimo anno di cui sono disponibili statistiche confrontabili, e riguarda 25 dei 27 Paesi UE, Italia compresa.

Il dato più significativo è che circa un quarto dei decessi per incidenti stradali aveva un’età compresa tra i 15 ed i 30 anni: si tratta di 5.182 giovani.  L’ Italia, nel 2019, ha contribuito in misura consistente a questa cifra, con 624 decessi di giovani, a fronte di 3.173 morti complessivi. Per la cronaca, ma anche per qualche considerazione svolta più sotto relativa al Covid, nel 2020, sempre nella stessa fascia d’età 15 – 30 anni, i decessi dei giovani nel nostro Paese sono scesi a 432, così come il totale complessivo dei deceduti è sceso a 2.020. La riduzione degli spostamenti per contenere l’epidemia ha ridotto ovunque la incidentalità.

Le tre principali cause di questo fenomeno che colpisce i giovani, persone sostanzialmente sane e con riflessi pronti, secondo ETSC,  sono tanto precise quanto, diciamolo, ovvie: l’inesperienza all’uso del volante da parte dei neopatentati, dopo essersi “allenati”  solo per una manciata di  ore nella scuola guida;  una insufficiente maturità per prevedere ed affrontare  i rischi che  strada e traffico presentano e poi, più in generale, uno stile di vita   che spesso presenta aspetti di aggressività, di propensione alla eccessiva velocità,  di protagonismo.  Si potrebbe aggiungere che questi tre aspetti sono ben presenti anche in fasce d’età più avanzate e che molte persone oggi “mature”, mantengono alla guida le impostazioni scorrette che avevano ieri.

Per porre rimedi possibili alla incidentalità giovanile, ETSC propone sia ai Governi nazionali sia alla Commissione europea diversi suggerimenti: la revisione del sistema di rilascio della patente per i neopatentati, la ridefinizione delle caratteristiche psicofisiche per poter guidare, la tolleranza zero per l’uso delle sostanze psicotrope alla guida, l’estensione generalizzata in tutti i Paesi del livello alcolico consentito a 0,2 g/l.  Molte di queste raccomandazioni sono espresse anche tenendo conto del fatto che nel corso del 2022 la Commissione Trasporti della UE dovrà ridefinire il sistema complessivo di rilascio della patente.

Si potrebbe dire che l’indagine qui sintetizzata e le relative proposte non rappresentano una grande novità. Interessante è piuttosto l’inquadramento di questi dati quantitativi nella politica che ETSC da anni persegue e che qualche mese fa è stata ribadita con vigore da parte del suo stesso direttore, Antonio Avenoso. L’occasione è stata una riflessione sullo sforzo condotto dai Paesi, europei e non, per combattere la pandemia del Covid: sforzo che ha visto l’impiego di rilevanti risorse economiche e di una altrettanto rilevante mobilitazione politica.  Uno sforzo analogo, sostiene Avenoso, dovrebbe essere messo in moto nella battaglia contro le morti in strada.

Nel decennio 2010 – 2020, continua il direttore, la sicurezza stradale ha visto dei miglioramenti, ma poteva esser fatto molto di più ed a pesare negativamente è stato in molti Paesi un sostanziale disinteresse politico, dovuto a diversi fattori, tra cui la convinzione diffusa che il progresso impetuoso della tecnologia negli autoveicoli avrebbe comportato una riduzione “automatica” degli incidenti e delle loro conseguenze. Di qui, in molti Paesi, lo stanziamento di minori risorse economiche per interventi direttamente o indirettamente legati alla sicurezza stradale.

I 13 milioni di decessi per incidenti stradali accaduti solo nell’ultimo decennio in tutto il mondo, conclude Avenoso, rappresentano un problema della nostra civiltà motorizzata e va affrontato con lo stesso impegno impiegato nella battaglia contro il Covid.

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