L’armata Brancaleone alla crociata per l’ambiente

La situazione inquinamento delle nostre città sta probabilmente passando un po’ troppo in silenzio, nonostante la sua gravità. Certo, argomenti come la guerra (praticamente all’interno dell’Europa) che rischia di diventare incontrollabile, o la drammatica condizione dei migranti che sempre più massicciamente cercano la salvezza da violenze e prepotenze nei loro Paesi rischiando troppo spesso la morte nei nostri mari per la colpevole indolenza della politica… ecco questi argomenti fanno retrocedere in secondo piano altri temi – come la sostenibilità ambientale, la sopravvivenza del pianeta e i suoi livelli di inquinamento – che invece occupavano le prime pagine di giornali e siti internet fino a un anno fa.

Il fatto che non si parli più tanto di smog nei nostri centri urbani non significa che il problema sia stato risolto, anzi!

Nel 2022, 29 città italiane su 95 hanno superato i limiti giornalieri di PM 10. Particolarmente grave la situazione a Torino, Milano, Modena, Asti, Padova e Venezia che hanno registrato più del doppio degli “sforamenti” consentiti, cioè 35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi per metro cubo. Le centraline di Torino si piazzano al primo posto con 98 giorni di sforamento, seguite da quelle di Milano con 84, Asti 79, Modena 75, Padova e Venezia con 70.

E la situazione è ancora più critica se confrontata con i nuovi target europei il cui arrivo è previsto per il 2030: sarebbero fuorilegge il 76 per cento delle città per il PM 10, l’84 per cento per il PM 2,5 e il 61 per cento per l’NO2.

I dati sono stati pubblicati a gennaio dal report “Mal’Aria di città 2023: cambio di passo cercasi” in cui Legambiente mette in evidenza i valori rilevati nei capoluoghi di provincia per quanto riguarda i livelli delle polveri sottili (PM 10, PM 2,5) e del biossido di azoto (NO2) e in cui afferma che “per rendere le nostre città più vivibili e sostenibili, serve un cambio di passo e una maggiore attenzione da parte di Governo e amministrazioni locali”.

Facile a dirsi e meno a farsi, verrebbe da affermare visti i decenni scorsi, in cui qualcosa forse si sarebbe potuto concretizzare ma che per cause varie (economiche e politiche principalmente) non si è mai fatto nulla.

Legambiente è chiara con le proposte: zone a zero emissioni, città 30 km all’ora, potenziamento del trasporto pubblico, elettrificazione autobus e sharing mobility.

Si può essere d’accordo o meno con queste proposte ma quello su cui dovrebbero essere tutti allineati è il fatto che non si può più tralasciare di affrontare il problema che ha gravi ripercussioni sulla salute dei cittadini.

A proposito di salute, vale la pena ricordare una notizia di qualche settimana fa: un cittadino milanese ha denunciato il Comune per aver contratto una malattia a bronchi, faringe e narici. Causa dichiarata: l’inquinamento della città. La Corte di cassazione ha stabilito in proposito che a definire il risarcimento del danno sia il Tribunale ordinario e non quello amministrativo regionale.

Si tratta in pratica di un precedente che stabilisce come il cittadino debba essere tutelato dall’inquinamento urbano (e quindi i Comuni devono attrezzarsi se non vogliono andare in bancarotta per le centinaia se non migliaia di denunce che arriveranno), ma si tratta anche della “certificazione” da parte di qualcuno al di sopra delle parti (la Cassazione) che l’aria nelle nostre città e ufficialmente irrespirabile.

E che quindi è necessario fare qualcosa. Va ovviamente in questa direzione la decisione di vietare dal 2035 la vendita di veicoli nuovi con motore termico. Anche se un’intesa di questi giorni tra Europa e governo tedesco consentirà di commercializzare in Germania gli autoveicoli con motori termici dopo questa scadenza, a patto che siano alimentati con carburanti sintetici, in grado di garantire la neutralità climatica.

Alla luce di questa intesa, Bruxelles pare intenzionata ad andare incontro alle richieste di Berlino in modo da sbloccare l’intoppo che aveva fermato l’iter della norma sulle auto ecologiche e su cui il Parlamento europeo aveva già dato il via libera.

Carburanti sintetici o di derivazione biologica, energia elettrica… tutte scelte da valutare con attenzione caso per caso, ma siccome tra una decina di anni il 70 per cento della popolazione mondiale vivrà nei grossi conglomerati urbani – e lì utilizzerà le vetture – appare evidente che va ridotto drasticamente l’inquinamento in queste aree, non c’è alternativa.

Anche sulla scelta di intervenire a gamba tesa sul trasporto urbano si potrebbe discutere a lungo, ma gestire gli spostamenti inquinanti del 70 per cento della popolazione terrestre è assolutamente prioritario. E se l’elettricità con cui circoleranno le vetture nelle metropoli sarà prodotta a carbone in un’area disabitata del pianeta sarà sicuramente un danno infinitamente minore rispetto a centinaia di milioni di mezzi che inquineranno tutti insieme nelle ristrette aree delle città.

Sembra che i politici non capiscano (più probabilmente non lo vogliono fare) che bisogna prendere una decisione in merito. Chi ci governa dovrebbe comprendere che il suo compito non è occupare una poltrona assecondando gli elettori (almeno una loro maggioranza) per avere certezza della rielezione, ma è prendere decisioni – anche impopolari – per il bene della collettività.

Per un genitore è più facile concedere al proprio figlio capriccioso di mangiare tonnellate di merende spazzatura mentre gioca per ore a un videogioco, che convincerlo a limitarsi nel mangiare e magari anche a studiare un po’…

Senza sfociare nel paternalistico, è evidente che tutto il pochissimo fatto finora non ha portato nessun vantaggio, e quindi è necessario cambiare metodo.

E se il passaggio alle vetture esclusivamente elettriche causerà indubbiamente disagi al cittadino, il buon politico dovrebbe lavorare per potenziare i trasporti pubblici (rigorosamente elettrici) e tutte quelle altre soluzioni che miglioreranno la vivibilità delle nostre città. O quanto meno contribuiranno a ridurre i disagi.

Certo, bisogna essere capaci a convincere i cittadini, né più né meno come saper convincere il proprio figlio che mangiare sano alla lunga è più salutare della irresistibile merendina lipidica e “obesizzante”.

Quando i livelli di qualità dell’aria saranno scarsi o molto scarsi (praticamente… sempre!), non basterà più consigliare ai cittadini di evitare esercizi fisici all’aperto e suggerire alla cosiddetta popolazione a rischio di non uscire di casa.

Bisogna fare qualcosa! In gioco c’è il diritto alla salute, non solo il diritto di poter parcheggiare il più vicino possibile a dove si vuole andare, magari lasciando anche il motore acceso…

Bisogna spiegare e far capire a tutti che non possiamo fare diversamente, una volta arrivati a questo punto.

E a quelli che pontificano sul fatto che la tecnologia e le risorse a disposizione non permetteranno la circolazione (e soprattutto la garanzia di ricarica) a milioni e milioni di veicoli elettrici, basta riflettere che le previsioni non vanno fatte sulla base delle conoscenze attuali e che da molti anni ormai la scienza offre proposte innovative più velocemente di quanto a volte possiamo ipotizzare. Infatti, per tutti quelli che sbandierano ai quattro venti previsioni sul futuro basate sulle conoscenze attuali, esistono infinità di esempi che li smentiscono.

Per riflettere su come è difficile fare previsioni basta pensare a internet e a come si preparavano le tesi di laurea quanto Google o le Open Artificial Intelligence non esistevano, e neppure si immaginava potessero essere inventate.

Ma ci sono esempi anche nel mondo automobilistico: negli anni Cinquanta, durante le gare di Formula 1 i piloti si fermavano 4 o 5 volte per cambiare gli pneumatici, mentre oggi se non fosse obbligatorio percorrerebbero senza problemi tutta la gara con un solo treno di gomme, sicuramente la Red Bull, le altre… forse. Chi poteva pensare nel 1950 che le gomme sarebbero diventate negli anni cinque volte più larghe, slick e con mescole infinitamente migliori? E che l’elettronica di bordo avrebbe permesso la gestione dei carichi per evitare consumi non corretti? Il tutto nonostante i cavalli di un’attuale monoposto siano circa 1.000 rispetto ai 350 della prima Alfa Romeo campione del mondo nel 1950…

Tornando all’inquinamento, la rivista “The Lancet Planetary Health” ha recentemente divulgato uno studio che denuncia una situazione drammatica. Secondo l’indagine solo lo 0,0001 per cento della popolazione mondiale (circa 80 mila persone su otto miliardi) respira aria davvero pulita. Nel servizio viene messo in evidenza che grazie all’adozione di normative più severe rispetto al passato si è registrato un miglioramento della situazione in Europa e negli Stati Uniti, ma gli intollerabili livelli di inquinamento nel Nord dell’Italia impongono di intervenire in modo ancora più rigoroso.

L’inquinamento e la salute nei centri urbani è quindi un problema planetario che va affrontato sia a livello locale sia globale, con scelte coraggiose (in molti casi sinonimo di impopolari) che devono essere adottate non in modo isolato dalle singole città, ma considerando ambiti territoriali ben più estesi e proponendole come dei veri e propri investimenti sul futuro. Una tecnologia più attenta al benessere del cittadino – che dovrà comunque accettare un cambiamento nel suo approccio alla mobilità – consentirà anche indubbi vantaggi economici, non ultimo una riduzione della spesa sanitaria.

Magari, la prossima volta che andremo a votare, dovremmo prestare più credito a chi propone un programma credibile piuttosto che ai “soliti” proclamatori di proclami il cui unico obiettivo è non urtare il consenso popolare, utile a farsi eleggere.

1 commento
  1. Alkè
    Alkè dice:

    La qualità dell’aria in moltissime città italiane è davvero pessima. Se pensiamo poi che con i nuovi parametri previsti dall’Europa più del 76% delle città italiane supererà i limiti consentiti di PM 10 giornalieri, non possiamo permettere che questa problematica continui a passare relativamente inosservata. Secondo noi, è innanzitutto fondamentale sostenere l’uso sempre più frequente dei mezzi pubblici, al fine di ridurre la quantità di automobili private in circolo sulle strade. In secondo luogo, è necessario elettrificare quanti più autobus e treni possibili, oltre che a incentivare l’acquisto di automobili private elettriche. Attraverso queste accortezze, sarà possibile ridurre le emissioni inquinanti prodotte quotidianamente dei diversi mezzi di trasporto.

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