Nostalgia del radiatore

Nell’imperversare ormai galoppante della sindrome dell’auto elettrica ci sono alcune situazioni che rasentano l’assurdo.

Quella che oggi voglio proporre è relativa ad un aspetto estetico dominante: la “Nostalgia del radiatore”.

Infatti mancando ormai tutta la parte relativa all’impianto di raffreddamento, diventa superflua la presenza del radiatore di buona memoria. Con le sue esigenze di scambio termico il radiatore era il timbro del marchio di ogni vettura. Potremmo ricordare i monumentali frontali delle Isotta Fraschini, o delle Lancia, o delle Mercedes e via dicendo. Ben esposti al vento con il vezzo del marchietto spesso sagomato a statuina.

L’abilità degli stilisti fu quella di compensare le esigenze estetiche con quelle aerodinamiche, ma la riconoscibilità di un’auto al suo apparire lungo la strada ne faceva un elemento basilare. A distanza potevi individuare quale auto stava arrivando o quale scorgevi nello specchietto retrovisore.

Poi i progressi della tecnologia resero superflue certe impostazioni estetiche, ma la “carta d’identità” di ogni marchio automobilistico era sempre individuabile: così, al primo colpo d’occhio.

Addirittura ricordo che quando la Fiat propose la prima 600 e poi la 500 negli anni ’50, uno degli accessori estetici più venduti era una cornicetta metallica da applicare sul muso della vettura per dare l’impressione che quello fosse il cofano, come se avere il motore posteriore fosse una “diminuizio”.

Oggi non più! Il frontale delle auto è sempre più omologato ed impersonale.  E per capire che auto è quella che hai li vicino a te sul marciapiede devi farci due giri attorno.

Anche perché ormai le auto sono quasi tutte uguali l’una all’altra, come già dichiarava a suo tempo Giorgetto Giugiaro, e scusate se è poco, che “anche noi che siamo del mestiere spesso non riusciamo a capire che auto sia quella di fianco a noi sull’autostrada”.

Si, un’omologazione imperante alla quale il passaggio verso l’auto elettrica ha dato una botta fortissima alla creatività. Ed in effetti la somiglianza tra le auto di marchi diversi è ormai fortissima. Anche perché sempre Giugiaro già anni fa lamentava il fatto che non appena uno stilista trovava un nuovo “motivo” estetico, poco dopo se lo ritrovava su di un’auto della concorrenza.

Chissà, forse è normale che ciò avvenga, ma certo il concetto dell’automobile come simbolo condiviso ha fatto ormai il suo tempo. Ma io ho “nostalgia del radiatore”.

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