Quale Torino nel “dopo-Mirafiori” ?
Nella fase conclusiva di una campagna elettorale distratta e smemorata sui temi urgenti e reali del paese, l’argomento ha trovato posto nei mezzi di comunicazione per poco più di ventiquattr’ore e non si può certo dire che abbia fornito grandi novità rispetto al passato.
Nei colloqui di qualche settimana fa il ceo di Stellantis Carlos Tavares, che avrebbe dovuto fornire indicazioni sul futuro dell’azienda a sindacati e istituzioni, ha allargato non a caso l’orizzonte esplorativo rendendo difficile capire il percorso che intende seguire per il gruppo in generale e in particolare per ciò che resta del complesso di Mirafiori.
Il fatto che rispetto alle perplessità del sindacato si siano registrati commenti positivi da parte della politica, in questo caso rappresentata dal sindaco di Torino Stefano Lo Russo e del presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio la dice lunga nel senso che ciò evidenzia come la partita sia ancora tutta da giocare.
Se infatti si deve escludere l’impegno per Mirafiori, ancora da verificare, circa la realizzazione di una fabbrica di smontaggio delle vetture esauste che sarà attivo dal 2027 con l’impiego di poco più di 500 addetti, il resto rimane ancora confinato in quell’aria generica di propositi che comprendono tutto e niente, girando intorno ad argomenti come rete globale, propulsore elettrico, nuovi e non meglio precisati strumenti di produzione. Insomma niente che non sia stato già detto più volte con la novità che il ceo di Stellantis questa volta ha dato la sensazione di chiedere piuttosto che quella di dare.
L’interlocutore politico glielo ha permesso allo scopo di incassare un risultato da utilizzare a fini elettorali in aggiunta al fatto che continua a non avere un’idea di che cosa fare del milione e mezzo di metri quadri che a Mirafiori resteranno inutilizzati per effetto della tendenza di Tavares al ridimensionamento dei luoghi di produzione.
Stando così le cose, è inutile ribadire che il problema si riproporrà e non potrà essere eluso con nuove promesse destinate a restare tali. Ciò presuppone un cambio di passo da parte di chi, come il comune di Torino, deve far sapere che cosa intende fare di una vasta area della città. Un milione e mezzo di metri quadri non sono un isolato di periferia la cui nuova destinazione possa essere decisa in una seduta del consiglio comunale. E non è soltanto una questione, seppure importante, di difesa o creazione di posti di lavoro. Per la storia e per il ruolo che ha avuto Mirafiori c’è anche questo, ma c’è soprattutto la necessità di parlare chiaro e di mettere sul tavolo un progetto che fornisca indicazioni credibili sulla Torino del dopo-Mirafiori. Ma di questo ancora non c’è traccia, il che consente a Tavares di continuare a conservare il ruolo di mazziere della partita.
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