Salvare il Soldato Mick
Non basta chiamarsi Schumacher per diventare automaticamente campione del mondo. E nemmeno Ascari, Fangio, Brabham, Stewart, Andretti, Piquet, Lauda o Prost. Per rimanere nella famiglia del sette volte iridato, persino il fratello Ralf si è fermato molto prima del titolo. E non doveva essere uno sprovveduto, visto che ha ottenuto sei vittorie in Formula 1 e forse era dotato di un talento comunque superiore alla media. L’ancor piccolo Mick, 16 anni, è già al centro di un tornado mediatico di gigantesche proporzioni solo per avere cominciato a correre con le monoposto in Germania, nella Formula 4. Alla terza gara, sfruttando la griglia di partenza invertita, ha addirittura centrato la vittoria scatenando la fantasia di chi ha già visto in lui l’erede di papà, primatista imbattuto e forse imbattibile in fatto di vittorie e titoli mondiali nel sempre difficile ambiente della Formula 1. È peraltro facile cavalcare i sentimenti e rinforzare questo auspicio date le condizioni in cui versa Michael Schumacher dal momento del suo incidente sugli sci.
Al contrario di molti suoi coetanei, al giovane Schumacher non mancano né le possibilità né gli agganci giusti per intraprendere una carriera di successo come pilota da Gran Premio. Ci vorrà certamente qualche tempo per farlo, ma rimane comunque da scoprire se è dotato di sufficiente talento per emergere, vincere e magari diventare campione del mondo. A maggior ragione se è davvero bravo, dovrebbe essere lasciato in pace il più possibile. Creare in un ragazzo delle aspettative che possono rivelarsi troppo ambiziose rischia di diventare controproducente, e non sono solo i nomi che abbiamo elencato all’inizio a testimoniarlo. Va da sé che la sua carta d’identità, da sola, basta ad attirare molte attenzioni ma a noi sembra più giusto rinunciare a qualche facile titolo ad effetto per rispettare la logica maturazione di un pilota. Anche se si chiama Schumacher e la sua storia, combinata con quella di papà, richiama tanti click sui siti oltre a qualche lettore o spettatore estemporaneo in più. Lo sapeva bene anche papà Michael che, non a caso, ha fatto gareggiare il ragazzo con il cognome della moglie quando era nei kart. Se non vogliamo bruciare i titoli di domani, forse è meglio andarci piano con quelli di oggi. In bocca al lupo, Mick!
Hai pienamente ragion Roberto. Ma è l’inevitabile scotto che deve pagare il figlio d’arte. Del resto sia tu che io che qualunque altro giornalista presente in pista non può evitare di svolgere la sua professione: è la legge dell’informaziione. Quello che può fare la differenza è il modo di approcciare la persona e di realizzare l’informazione. Per restare in Formula 1 non è una novità: Damon Hill e Jaques Villeneuve hanno fatto la stessa trafila fino al titolo più prestigioso:. Ma ne sono usciti idenni ed affermati perchè oltre alle qualità di guida avevano la personalità per gestire la pressione della stampa. Spero che anche Schumi junior abbia la forza di resistere alla pressione mediatica. Ma mi pare che la vicinaza della Sabine sia un bel punto di appoggio. Auguri!