Per l’usato la tattica non basta. Occorre una strategia
Intervista a Barbara Barbieri, Amministratore Delegato di BCA Italia
I volumi di vendita continuano a rimanere al di sotto dei livelli 2019. È una “coda” della crisi 2020, o sta diventando un trend strutturale?
Un po’ tutte e due le cose. Nel primo semestre di quest’anno in Italia le nuove immatricolazioni sono (ovviamente) salite rispetto al 2020, ma sono rimaste inferiori del 18% rispetto al 2019. Il mercato non ha ritrovato il ritmo di prima.
Nel frattempo è aumentato il “transaction price”: perfino nel 2020, nonostante la crisi, le utilitarie di segmento B sono arrivate a costare in media l’11% in più dell’anno precedente – e anche ora non c’è segno di una inversione di tendenza. Il perché è presto detto: c’è carenza di prodotto. Mancano i componenti, soprattutto i semiconduttori. I costruttori hanno fame di “chip”, e sono costretti a rallentare la produzione, anche dei modelli di maggior successo. E, come sempre, la scarsità fa salire i prezzi: i super-sconti sono spariti.
L’aumento della redditività bilancia il calo dei volumi – ma, attenzione, questo vale solo nel breve termine.
Che riflessi ha tutto questo sul mercato dell’usato, che è il vostro settore?
L’usato ha tenuto meglio: il calo delle vendite è stato solo del 9%, la metà. Se poi depuriamo questo dato dai “km zero” (che nel 2019 erano stati sovrautilizzati), il numero dei passaggi di proprietà 2021 è praticamente in linea con quello pre-crisi. Anche qui i prezzi sono saliti: nel 2021 il valore medio delle vetture usate in giacenza presso le concessionarie ha superato i 9.600 euro contro gli 8.400 euro di due anni fa.
C’è però un fatto da registrare: il mercato è tenuto vivo dai passaggi tra privati, mentre diminuiscono le minivolture, cioè le transazioni tra professionisti.
Cioè c’è meno business per dealer e trader?
Esatto. Da un lato, assistiamo a una crescita molto forte degli scambi via web: chi cerca un’auto usata trova più semplice ed economico “disintermediare” l’acquisto. Dall’altro, molti concessionari evitano di ritirare l’usato anziano e si tengono l’usato recente, per trarre vantaggio dalla tensione sui prezzi. Nel medio periodo, entrambe le scelte possono essere molto pericolose. Se i clienti cambiano canale, è difficile riportarli a casa.
E ora che cosa succederà con gli incentivi?
Per valutare fino in fondo gli effetti sul mercato dell’usato B2B dobbiamo attendere i risultati dell’ondata di rottamazione – che oggettivamente ridurrà il numero di auto disponibili.
Nel breve periodo, i volumi di vendita crescono, com’è ovvio. Teniamo però presente che le agevolazioni fanno bene al mercato quando sono in vigore, ma rischiano di bloccarlo prima – e anche dopo. Gli incentivi hanno un effetto momentaneo. Finiti i contributi statali, e tornata la regolarità della produzione, chi ha un parco usato sovradimensionato potrebbe scoprire che i prezzi di mercato sono scesi e smaltire lo stock è più difficile. È un “rimbalzo” che abbiamo già visto prima dell’estate: il tempo medio di rotazione dell’usato era di 65 giorni a dicembre 2020, è sceso fino a 58 giorni a maggio 2021, ed è tornato a 63 giorni a giugno.
Posso chiederle i tempi di rotazione di un’auto usata messa in asta da BCA Italia?
A giugno erano di 6,5 giorni. Se consideriamo anche trasporto e pagamento, i nostri tempi totali di attraversamento (dall’affidamento a BCA all’avvenuto accredito) a giugno sono stati pari a 23 giorni. Praticamente un terzo della media di mercato.
Quindi che cosa consiglierebbe ai dealer?
Di non ragionare sull’usato solo in modo tattico. Il mercato dell’usato auto è anticiclico, e in periodi di risorse scarse “tiene” più del nuovo: è un dato storico, non lo scopriamo adesso. Per questo il remarketing ha un ruolo tanto importante nel business delle concessionarie.
Per gestire l’usato occorre una strategia: oltre un certo numero di anni e di chilometri, rivolgersi a chi vende all’asta è la scelta vincente. Perché consente di “modulare” il piazzale sulla base della domanda, evitando gli immobilizzi eccessivi. Perché il margine medio (se si tiene conto dei costi impliciti ed espliciti di stoccaggio) è superiore. Perché il dealer non ha interesse ad appesantire la sua struttura per gestire grandi numeri con basso valore aggiunto.
Le aste online consentono di allargare il mercato, velocizzare la vendita e selezionare il parco – cioè di separare con criteri oggettivi le auto che possono essere rivendute direttamente con profitto, e quelle che è meglio rimettere sul mercato attraverso canali B2B. Escluderei l’opzione di non ritirare l’usato, che è perdente comunque – perché “strozza” il business, e scontenta il cliente finale.
Questo vale per l’usato tradizionale. Ma è così anche per l’usato elettrico e ibrido?
A maggior ragione. Qui l’effetto novità è ancora più forte, e la perdita di valore ancora più rapida. Chi oggi è interessato a un usato EV non comprerebbe la stessa vettura tra sei mesi. Tenere ferme le auto elettriche significa correre un rischio commerciale molto alto.
Quello dell’usato EV è un business nuovo – veloce e digitale. Non è una sorpresa: tutto il remarketing auto si sta muovendo in questa direzione.
Quali sono i fattori che frenano la domanda di usato EV?
Pochi mesi fa abbiamo svolto un’indagine sull’argomento, la più grande mai fatta in Europa: oltre 700 interviste a operatori professionali in 24 Paesi. Da questa ricerca è emerso che i dubbi dei clienti finali sono soprattutto due: la tenuta delle batterie e l’insufficienza delle infrastrutture di ricarica.
Ma abbiamo scoperto anche altre cose molto interessanti. Ad esempio, i trader che dichiarano di aver ricevuto richieste di usato EV rappresentano il 9% del totale in Europa, e solo il 3% in Italia. Di conseguenza, gli operatori tendono a “mettersi in casa” un veicolo elettrico o ibrido solo su richiesta esplicita del cliente finale. Comprano sul venduto, insomma.
Ancora: oltre il 70% delle vendite è trans-nazionale. Ci sono Paesi più avanti nel processo di elettrificazione, che “assorbono” auto EV – e altri che le vendono. Quasi tutte le vetture italiane vanno all’estero, in particolare in Europa del nord. L’andamento delle nostre aste lo dimostra chiaramente.
Come BCA siamo stati i primi a creare un canale specifico per il remarketing dell’usato EV: sta crescendo rapidamente, spinto dalle dinamiche del nuovo, e siamo passati da una a due aste settimanali, aperte agli operatori professionali di 29 Paesi in tutta Europa. BCA porta l’offerta dove c’è la domanda.
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