Quando la Ferrari e Jean Todt snobbarono la Minardi

L’Ospite di Autologia:

La vittoria di Max Verstappen con la Red Bull nel G.P. di Spagna, propone un tema oltremodo interessante. E cioè quello delle scuderie satelliti. Max Verstappen era alla sua prima corsa con la Red Bull, ma ne aveva già fatte altre 23 con la Toro Rosso, che è la scuderia satellite, con nome italiano, di quella austriaca.
La Red Bull fu acquistata dal magnate delle bibite nel 2004 dalla Jaguar e all’inizio del 2005 fu affidata alla direzione di Christian Horner. La nuova scuderia, dopo aver ingaggiato il progettista Adrian Newey (ex Leyton House, Williams e McLaren) avvertì immediatamente la necessità di avere una squadra satellite: cosicché acquisì da Giancarlo Minardi l’omonima e storica scuderia fondata nel 1979 che tanti ingegneri, piloti e meccanici aveva formato nella sua lunga attività.
Chris Horner non andò a caso nel consigliare l’acquisto della Minardi, allora in difficoltà economiche. Sotto le ali di patron Giancarlo erano sbocciati piloti di grande valore: Pierluigi Martini, Michele Alboreto, Alessandro Nannini, Fernando Alonso, Mark Webber tanto per citarne qualcuno.
L’acquisizione della Minardi, secondo le intenzione della casa madre austriaca, sarebbe servita a formare direttamente in formula 1 giovani piloti molto promettenti da trasferire alla scuderia principale.
Gli ultimi avvenimenti dicono che la strategia della Red Bull è stata ampiamente premiante. La Toro Rosso ha allineato nella stagione 2015 due ragazzi dal futuro certo, Max Verstappen e Carlos Sainz jr, figlio di un campionissimo spagnolo dei rally. (https://autologia.net/formula-1-piloti-2-0-era-proprio-vero/)
Nelle prime quattro gare, le scarse performances di Danili Kvayt hanno consigliato Chris Horner alla sostituzione del pilota russo, dirottandolo alla Toro Rosso, con Max Verstappen: e il diciottenne olandese, alla sua prima gara in Red Bull, ha centrato in Spagna una fenomenale vittoria. (https://autologia.net/la-f1-va-al-max-la-ferrari-va-al-minimo/)
La domanda ora è questa: perché la Ferrari si è lasciata scappare una occasione così grande, lasciando una scuderia italiana di grande valore tecnico in mani straniere? La nascita dell’Academy ferrarista potrebbe spiegare, almeno in parte, questa decisione. Ma l’Academy, in ogni caso, non avrebbe potuto impegnarsi direttamente in pista come la Toro Rosso: quindi più che un risvolto tecnico, questa iniziativa Ferrari ha avuto una direzione economica.
Nessun pilota, tranne lo sfortunato Jules Bianchi, ha debuttato in formula 1. Tanto meno al volante di una Ferrari. 
“Alla Ferrari non c’è mai stata la volontà di prendere in esame la creazione di un junior team – mi dice Giancarlo Minardi – come invece altri hanno fatto. C’ è stato qualche “pour parler”, ma è finito sul nascere. La dimostrazione di quanto fosse valida l’idea l’ha data in Spagna Max Vertsappen”.
Verità vuole che sia stato Jean Todt, principalmente, a sconsigliare una strategia del genere. Erano i tempi fortunati e gloriosi delle vittorie di Michael Schumacher e la Minardi, con le sue eccellenze tecniche, diciamo così, fatte in casa si era trasformata in una sorta di supermercato: bastava che Todt schioccasse le dita perché ingegneri e meccanici si trasferissero immediatamente da Faenza a Maranello dove i super successi di Schumacher erano un richiamo estremamente allettante.
L’occhio poco lungo della Ferrari ha messo, quindi, a nudo una situazione abbastanza singolare: il miglior pilota del futuro ha fatto i suoi primi passi importanti in Italia, in quel di Faenza dove ha trovato ad accoglierlo una squadra… austriaca.
E alla Ferrari, adesso, quando si parla del futuro di Max Verstappen non resta che rileggere la favola della “Volpe e l’uva”. E mordersi le mani!

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