Sette domande a Niccolò Biddau

Questa volta entriamo in fabbrica . E lo facciamo con un fotografo industriale.

Niccolò Biddau è riconosciuto come uno dei migliori fotografi italiani di industria e di architettura.

Le sue fotografie fanno parte di collezioni museali e private,  sono state pubblicate su riviste, più di venti i libri che portano la sua firma .

Un fotografo industriale tira fuori l’anima di una azienda. Il suo dna nascosto. Il marketing poi  penserà a vendere il brand,  ma lui per intanto ti restituisce l’anima di una fabbrica, di un prodotto. E le sorprese non mancano.

La sua prima auto è stata una 500.

E più’ di 500 sono le aziende italiane che ha fotografato, tra le più rappresentative del Made in Italy :  Brembo, Ducati, Leonardo, FCA, Maserati, Lamborghini, Beretta,  Italcementi, Pirelli, Marzotto, Brunello Cucinelli, Dolce&Gabbana, Missoni, Corneliani,  Borsalino, Cassina, Zanotta,  B&B Italia, Artemide, Alessi, Campari, Martini&Rossi, Sanpellegrino, Berlucchi, Star, Perugina,  Bauli, Lavazza, Mondadori, Mediaset, TIM, Poste Italiane … (https://niccolobiddau.com)

Pochi occhi hanno scoperto le fabbriche italiane come ha fatto lui, scopriamole  insieme…

1 – La tua prima auto e la tua prima auto fotografata

A parte le macchine di mia madre, una Citroen Visa azzurra metallizzata e una Reanult  4 rossa, sulle quali mi cimentai appena diciottenne. La mia prima vera macchina, acquistata con i primissimi soldi guadagnati, sembra un classico ma …. è stata proprio una 500. I soldi erano pochi e quindi andai da uno sfasciacarrozze dove acquistai la mia 500 beige! Mi ricordo ancora la felicità, il tettuccio aperto, era primavera e avevo 19 anni. Torino era un’altra cosa, una città popolata di fabbriche.

2 – Parliamo di fabbriche di auto. Le hai viste cambiare dal punto di vista fotografico da quando hai iniziato la tua attività, o il tempo nel tempio si è fermato? 

Ho avuto la fortuna di studiare anche gli archivi fotografici del Gruppo Fiat, vedere l’evoluzione della fabbrica dell’automobile lungo oltre un secolo. Sicuramente tutto il Novecento. Luoghi fotografati e filmati da grandi fotografi e registi. Nel corso dei decenni gli stili e le esigenze sono cambiati. Il dato comunque centrale è la magia del luogo della produzione.

La fabbrica è il luogo per eccellenza della trasformazione e dell’innovazione. In una conferenza a Milano, alla quale ero stato chiamato a parlare, chi mi precedeva –un grande reportagista degli Anni Settanta- disse “la fabbrica non esiste più!” e io replicai nel mio intervento “Quella fabbrica e quel mondo non esistono più!” Le fabbriche esistono e resistono eccome.
Quasi vent’anni fa varcai per la prima volta la soglia di Mirafiori. Fino ad allora nella mia mente era il luogo del conflitto sociale per eccellenza. Il luogo dove moltitudini di operai massa ebbero l’opportunità di un riscatto sociale, forse a volte a un prezzo troppo alto. Il mio grande stupore fu dato dal trovarmi in un ambiente assolutamente inatteso: era diventata la “fabbrica del post-fumo” dove tutto era pulito, ordinato e anche silenzioso. Insomma la tecnologia si era già imposta in modo definitivo, sostituendo in modo quasi definitivo anche gli operai massa.

3 – Cosa ti piace di una fabbrica di auto, di una catena di montaggio, da fotografo ?

Ti racconto uno scatto fatto alla Carrozzeria di Mirafiori, precisamente nell’Unità Lastratura.
Mi ricordo bene quella giornata, mi accompagnarono persone appassionate e molto disponibili nell’aiutarmi a raccontare quella parte della fabbrica. Quando ci si muove in ambienti di produzione non si può improvvisare o muoversi liberamente: tutto deve essere studiato e autorizzato, nel rispetto delle normative sulla sicurezza e di chi lavora. Quindi la parte preliminare del sopralluogo è fondamentale nel definire i punti di ripresa e i tempi.
La mia attenzione inizialmente si focalizzò sulla linea, sulla sequenza prospettica data dalle scocche. Ragionammo su come e quando fare lo scatto, il cambio turno era l’unico momento possibile. Dopo aver osservato bene la scena, notai che l’aspetto interessante era anche dato dai due livelli della composizione della fotografia: alla base l’automobile come oggetto simbolo del Novecento e tutta la tecnologia, che si articolava nella parte superiore. La trovai da subito un’immagine non solo potente ma ricca di significato.

4 – Estetica e tecnologia del motore di un’auto, per un fotografo cosa è più importante ?

Potrei prendere esempio da uno scatto fatto alla Lamborghini. La potenza assoluta del motore dialoga perfettamente con la carrozzeria. Non possiamo pensare a una cosa disgiunta dall’altra, l’una rafforza l’altra. Durante lo shooting feci una ripresa della Aventador durante la fase di montaggio del motore. Furono così collaborativi da lasciarmi il tempo di studiare al meglio la luce, la posizione e l’aspetto fortemente estetizzante del motore. Direi che è come fotografare una vera e propria opera d’arte.

5 – Ma una biella, può essere bella ? 

Assolutamente si! Il processo di creazione di un oggetto parte dall’ingegnerizzazione dello stesso fino al design. Anche in oggetti non visibili come una biella o un ingranaggio. Se tu li osservi, ti accorgi delle tante forme che possono evocare e quindi assumere nel tuo immaginario. Tutto questo l’ho sempre trovato estremante affascinante e fa parte del mio linguaggio.

6 – T u ami fotografare in bianco e nero. Quale la sfida  di una foto in b/n nel ritrarre un’auto che conosciamo a colori ?

In effetti hai centrato un punto nodale: quello della percezione della realtà. Tutti quanti noi viviamo in un modo dominato dal colore e, a volte, non percepiamo più le forme in modo nitido. Il bianco e nero ti porta, appunto, in un’altra dimensione. Questa ti stimola maggiormente all’osservazione. Basta vedere quanto tempo una persona si sofferma di fronte a una foto a colori e quanto su una in bianco e nero. Ovviamente non si può ragionare per assoluti, mai. Però è interessante osservare sovente lo stupore e l’attrattività di un’immagine priva dei colori della realtà.

Nel mio caso mi sono abituato a ragionare in bianco e nero, quindi andando a cercare dei riferimenti compositivi tipici, come il contrasto, i tagli di luce, ecc.  Questo l’ho applicato ovviamente sulle auto, andando ad esaltare la purezza delle forme.

7 – La tua strada del cuore ?

È in Sardegna, la strada panoramica che porta a Bosa da Alghero. Ogni curva dischiude un paesaggio che ti toglie il respiro. Da fare con calma, magari con una spider, godendoti le prestazioni dell’auto e la bellezza di quello che ti circonda. Porta anche nel luogo dove i miei genitori s’incontrarono per la prima volta, settanta anni fa.

 

2 commenti
  1. renato ronco
    renato ronco dice:

    Molto affascinante l’analisi della ricerca in un contesto di catena di montaggio.
    E poi la magia del bianco e nero! Ma anche i dettagli della Sardegna in bianco e nero?

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