Ci vuole tempo per diventare veri fenomeni

Ho lasciato passare qualche giorno.
Essenzialmente per lasciare sfogare gli effetti pirotecnici e le iperboli luccicanti con cui si sono scatenati tutti quanti dopo la storica vittoria di Max Verstappen sul circuito di Barcellona. Un florilegio di elogi sperticati, parallelismi galattici e commenti melensi ha infatti punteggiato quello che è oggettivamente da ritenersi un evento storico. La vittoria in F1 del più giovane pilota della Storia del Motorsport.

Chi mi segue sa che sono sempre stato estremamente freddo e critico verso “l’affaire Verstappen” nel suo complesso. Partendo dal lancio in F1 a 17 anni, passando per gli atteggiamenti geneticamente presuntuosi del ragazzo e del suo entourage e terminando con l’ultima puntata che lo ha visto protagonista dell’improvvisa bocciatura del comunque-giovane russo Daniil Kvyat.
Non mi è mai piaciuto e l’ho scritto. E pur riconoscendo a Max un talento decisamente cristallino, dando un peso importante anche ad altre qualità in un ragazzo e un pilota e scegliendo normalmente metodi di gestione meno spregiudicati, non mi sono mai sentito particolarmente entusiasta delle sue gesta. E di come è stato gestito finora.

E sinceramente nemmeno la vittoria di domenica scorsa a coronamento di una gara di indubbia consistenza, con la frantumazione di tutti i record della Storia del Motorsport, ha spostato più di tanto la considerazione che ho di Max. Che è sempre stata e rimane alta. Ma anche serenamente obiettiva.

Va detto che domenica scorsa Max ha innanzi tutto colto un’occasione. Si è fatto trovare pronto quando una concomitanza di eventi straordinari e imponderabili gli ha presentato su un vassoio d’argento un imminente futuro di gloria. E questo è indubbiamente un grande merito di cui non molti si possono fregiare. Anche perché il Caso è uno sceneggiatore curioso… a volte mette davvero insieme gli eventi come in un film, superando la più fertile fantasia. Stavolta ha fatto un gran lavoro, allineando i pianeti più lontani e creando la situazione più favorevole proprio al pilota che più di tutti ha la fama del predestinato. Come in un film.

Che poi, essere fortunati non è mica una colpa. E come diceva Enzo Ferrari, “tra un pilota bravo e uno fortunato io scelgo quest’ultimo”. Se poi il pilota è bravo e anche fortunato, allora si fa bingo. Come probabilmente ha fatto la Red Bull quando lo ha scovato e messo sotto contratto.

Comunque dicevo, Max si è fatto trovare dietro la porta giusta proprio mentre qualcuno gliela apriva. Poi ha mantenuto la freddezza necessaria a sfruttarla in pieno, questa grande opportunità. Ha affrontato i giri da leader della corsa proprio come un leader. Con grande efficacia e consistenza, senza sbagliare un colpo. Qualità che in un ragazzo appena maggiorenne sono un’altra grande nota di merito.

Poi però mi fermerei qui. E non mi avventurerei in parallelismi azzardati dopo soli 22 GP nella massima categoria. Perché ci vuole prudenza prima di affibbiare l’etichetta di “fenomeno”. Capisco la voglia di trovare al più presto un eroe in questa F1 stanca e orfana di personaggi sportivamente e umanamente di spessore. Ma preferisco non aggregarmi al carro del vincitore che vuole lanciare già oggi Max Verstappen nel firmamento del motorismo di tutti i tempi.
No, io rimango qui. E aspetto di vedere come va a finire. Cosa succederà a Montecarlo. E poi nelle prossime gare di questa stagione. E in quelle dopo ancora. Perché così si dovrebbe fare prima di creare miti che rischiano poi di essere fasulli come tutto l’incenso che è stato sparso nell’aria dopo il botto di Barcellona. Anche se abbiamo bisogno di personaggi che ci diano emozione facendoci rivivere l’epoca passata, quando insieme a Senna e Prost c’erano anche Mansell, Piquet, Nannini e tanti altri. E più tardi Schumacher.

Io rimango qui. Anzi, vado anche controcorrente. E faccio una provocazione… Vi siete domandati quanti piloti della F1 di oggi (lasciamo da parte il passato il cui paragone apre spesso vertenze scomode…), nella stessa identica situazione, avrebbero raggiunto il medesimo risultato di Verstappen? Chi altri, quanti? Con le Mercedes fuori dai giochi alla terza curva… con le Ferrari suicidate in qualifica e con Raikkonen, a mo’ di cavallo bolso, in un poco convinto inseguimento… guidando una Red Bull che sul quel circuito metteva a frutto le sue grandi qualità ed era largamente superiore a chi era rimasto in gara… quanti altri sarebbero passati per primi sotto il traguardo del Montmelò?

Nessuno? Un paio? Tanti? Non lo so, ma non sono poi così sicuro (come molti altri) che davvero non ci sarebbe stato “nessuno come lui”. Io credo che lo avrebbero fatto anche altri. E magari anche quel Daniil Kvyat tanto criticato e bocciato dai vertici del team qualche giorno prima. Lo stesso pilota che, tra l’altro, qualche settimana fa era salito con merito sul terzo gradino del podio…

Sì, io la penso così. E pensate un po’ se la bocciatura di Kvyat e la conseguente promozione di Verstappen avessero tardato di una settimana… Pensate un po’ se domenica scorsa, davanti a tutti, a sfruttare la competitività della Red Bull e la sceneggiatura preparata dal Caso si fosse ad un certo punto trovato ancora il russo… Che farebbero ora Helmut Marko e compagnia? Avremmo battezzato “fenomeno” qualcun altro oppure sarebbe stata una gara “normale”? E probabilmente saremmo ancora tutti qui, in spasmodica attesa che sbocci definitivamente il talento sicuro e incommensurabile di Max Verstappen…

Pertanto, prima di affermare con la massima convinzione che siamo di fronte al “nuovo Senna” o addirittura al “miglior pilota del secolo” o altri voli pindarici del genere, io ci penserei qualche migliaio di volte. Perché sono fatto così. Credo nel talento, ma anche nel lavoro. Credo nel rispetto delle competenze e della fatica per conquistare il successo. E credo che non basti un exploit per iscriversi nell’Olimpo. Anche se lo si ottiene a diciott’anni.
Anche se domenica scorsa Max Verstappen ha inequivocabilmente mostrato di avere, oltre al talento, tracce importanti di lucidità e intelligenza sportiva che sono ingredienti fondamentali per diventare grande. Anzi, un Grande. Ma ci vuole tempo per diventare veri fenomeni. E non c’è bisogno di correre.

2 commenti
  1. Renato Ronco
    Renato Ronco dice:

    Di solito sono prudente anch’io nel sopravvalutare i giovani arrembanti. Ma nel caso di Verstappen Junior ( tra l’altro il padre non mi era simpatico quando frequentavo le piste ed i GP) non sono d’accordo con le tue osservazioni. I se ed i ma sono sempre pleonastici o inutili. Quel che conta sono i risultati. E come ho già dichiarato la Formula 1 è spietata ed è sempre stata spietata. Quindi chi ha carattere, testa e qualità per emergere ce la fa, gli altri no. La storia,passata e recente, è piena di mancati campioni, seppur promettenti. Evidentemente non avevano la tempra del campione. Ma in questo caso credo che ci sia poco da discutere. Tra l’altro il nuovo record di età vincente non potrà più essere superato perché le nuove regole non consentiranno più debutti in F.1 così precoci. Saranno i fatti, ed i risultati a confermare o smentire le nostre reciproche tesi.

  2. gioi
    gioi dice:

    …condivido in toto queste valutazioni. Ho ritenuto prematura la decisione di Marko, che potrebbe avere effetti psicologicamente devastanti sul promettente Kvyat, meritevole di ulteriori verifiche. Verstappen, costruito in provetta, é veloce, talentuoso ed arrogante e potrebbe montarsi la testa. E’ vero che i confronti con altre ere sono improponibili e lasciano il tempo che trovano. Però mi sovviene di un certo Baghetti, che vinse al debutto assoluto in F1 e non al debutto su di una nuova auto, anche se, al momento, i fatti danno ragione a Marko…

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