Lo chiamavano “Tabacco”: nel suo piccolo un grande

L’Ospite di Autologia: Beppe Donazzan, giornalista.

Non è stato un campione, non è stato nemmeno un buon pilota. Uno degli ultimi, ma Renzo Lorenzato, il mitico “Tabacco”, lo conoscevano tutti. A suo modo un personaggio.

Di lui ho raccontato nel mio libro “Sotto il segno dei Rally” Volume 2,  edito da Giorgio Nada Editore – Giunti.

Quando sui colli vicentini veniva organizzata qualche cena, i piloti facevano a gara, anche da lontano, per essere presenti. Sapevano che quando entrava in gioco “Tabacco”, a fine serata le mascelle avrebbero fatto male a furia dal ridere e di lacrime non ce ne sarebbero state più.

Passione allo stato puro, unita ad una conoscenza del settore, macchine, piloti, regolamenti, gare, memoria elefantiaca e, di tutto questo, Renzo realizzava un cocktail esplosivo di comicità.

Faceva il portalettere a Montecchio Maggiore, cittadina ad una ventina di chilometri da Vicenza. Finito il lavoro piombava nell’officina di Danilo Dalla Benetta e andava in scena la commedia. Parlava per immagini, il più a luci rosse, inframmezzate da bestemmie apocalittiche, sparate a getto continuo. Ma erano i commenti su piloti e rally a fare la differenza. Per andare più forte in discesa ti diceva: “Zo come negri…”, cioè al massimo, metafora dei film porno dove gli attori di colore ci danno dentro quando scopano. Il bello è che “il zo come negri…”, lo utilizzava anche quando faceva il navigatore. Arrivava la discesa, smetteva di dare le note, Gigi Dalla Pozza, il finnico, non certo uno sconosciuto, impegnato nella guida, non sentendo più nulla in cuffia si girava e gridava?

“Renzo? E adesso?”.

“Adesso, porca troia, va zo come negri…zo tutta. Sfonda el pavimento…”, gli gridava. Tutto così.

Accadde realmente al Rally di Radicofani nel 1979. Dalla Pozza, prioritario, partiva con la 127 Gr. 1 della scuderia Grifone con il numero 1. Dietro avevano Alessandro Nannini con la Stratos. Il futuro campione della Formula 1 andò a protestare in direzione gara facendo presente la differenza delle due macchine in fatto di prestazioni. Non fu possibile modificare l’ordine di partenza. La prima prova, tutta in discesa sullo sterrato, fece esaltare il “finnico”. Non solo il senese non raggiunse la 127 ma alla fine beccò sei secondi.

“Tabacco” si avvicinò alla Stratos: “Te ghe visto cosa vol dire andar zo da negri. Voialtri fango e adesso ve damo el resto…”.

Non fu così, Alessandro Nannini vinse alla grande quella gara.

“Tabacco” era un tappabuchi, nel senso che non avendo grandi possibilità economiche, saliva in macchina quando qualcuno rimaneva all’improvviso senza il secondo. Gli capitava di correre anche con gente molto forte, come Dalla Pozza, per esempio. Erano pochi coloro che teneva in considerazione, che esaltava con i suoi commenti al vetriolo. Biasion, Antonillo Zordan, il “finnico” Dalla Pozza, il “mugnaio” Casarotto, “Lucky”, poi tutto il panorama rallistico nazionale era infilzato dalle sue battute irridenti.

Da navigatore aveva espresso il desiderio di fare una corsa da pilota.

Danilo Dalla Benetta e Mauro Peruzzi fecero una colletta per metterlo in condizione di partecipare al rally del Veneto 1987.

Misero insieme la cifra per noleggiare una Ford Escort Gr.A della Promotor Sport. Navigatore Danilo, direttore sportivo Mauro. Alla gara erano iscritte fior fiore di macchine tra le quali due Lancia Rally 037, colore rosso, quelle di Popi Pianezzola e Anselmo Cosimo.

Alla fine della prima prova, la radio dell’assistenza gracchiò. Si sentì il vocione di “Tabacco”: “Come son ‘ndà?”.

Mauro per non demoralizzare il neofita del volante rispose: “Tutto ben Renzo, te si drìo ae 37…”.

Si sentì una risata cosmica, inframmezzata dalle madonne. La conclusione fu ancora più esilarante: “El gera solo l’antipasto, ‘desso vao a ciaparle…”, vado a prenderle. Così con naturalezza, ne era proprio convinto.

Verso fine gara Mauro Peruzzi sentì la radio rimbombare.

“Gho spacà el cambio, el cambio, el cambio. Gho la leva in man, Dio…”.

Urlava talmente forte che Danilo uscì dall’abitacolo. L’assistenza della scuderia Palladio era a pochi metri di distanza e “Tabacco” non si era ancora accorto.

“Mauro, Mauro, gho spacà el cambio…”, urlò sempre più forte nel microfono della radio.

Ad un certo punto Danilo, serafico, gli disse: “Renzo, Mauro el xe là. Varda che el te sente anche senza la radio…”.

Nel suo piccolo, un grande.

Se ne è andato pochi mesi fa lasciando un grande vuoto ma un enorme ricordo.

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