Michele Crisci: per Volvo la rivoluzione elettrica sarà graduale ma inevitabile

Di recente un gruppo di aziende ha firmato un protocollo con la richiesta di eliminare la produzione di auto con motori termici a partire dal 2030.

Fra i firmatari dell’appello alla UE c’è anche la Volvo, una Casa che della sicurezza e dell’avanguardia aveva fatto il suo biglietto da visita. Da quando però la proprietà è in mano cinese e i cinesi spingono sulla mobilità elettrica, per Volvo si è aperto un nuovo capitolo. Che pone dei dubbi e delle perplessità in chi la mobilità elettrica la vede come una scelta alternativa e non come un obbligo assoluto.

Ne abbiamo parlato con Michele Crisci, presidente e AD di Volvo Italia, ma anche Presidente dell’UNRAE, l’associazione che riunisce tutti i costruttori auto stranieri in Italia.

Le nostre obiezioni sono state le seguenti:

“Non temete che dovendo spostare la mobilità in full elettrico le vetture benzine e ibride di Volvo possano svalutarsi visto che non verranno più prodotte? Come potrebbero reagire i clienti Volvo dopo aver acquistato un prodotto che la stessa Casa renderà obsoleto e quindi svalutato?

Le sembra il giusto approccio obbligare la mobilità in un solo senso? E non crede che potrebbero nascere gruppi che boicottano i marchi che obbligano a questa transizione, che è più politica come scelta e non il frutto della richiesta di mercato? In fondo anche Toyota è stata molto chiara in merito, condannando il passaggio totale alla mobilità elettrica pur essendo un leader del settore.”

Ecco cosa ci ha risposto Michele Crisci:

“L’eliminazione dei motori endotermici di Volvo procederà per gradi, dapprima i diesel e manterremo i plug-in, introducendo via via sempre più motori full electric.

Quindi dal 2025 in avanti ci specializzeremo sempre più sui full electric. Sempre in modo graduale e nel rispetto delle “abitudini” e le infrastrutture dei vari mercati e continenti.

E’ una scelta decisa e di campo, d’altronde molti paesi anche europei hanno già annunciato una data oltre la quale i motori endotermici non saranno più immatricolabili…. quindi la direzione è segnata, anche l’Italia dovrà esprimersi in tal senso prima o poi.

Per quanto riguarda i nostri clienti stiamo, appunto, procedendo per gradi, dall’endotermico ai plug-in (già oggi quasi il 40% delle vetture che vendiamo sono plug-in), e piano piano verso l’elettrico.

Sarà un processo come dicevo graduale e non a caso, infatti pensiamo che il plug-in sia un passaggio fondamentale prima di salire su una full electric.

E’ un passaggio non solo di motorizzazione, ma anche mentale e di comportamenti di guida e di…rifornimento. Quindi meglio abituarsi alla “corda di ricarica” per gradi passando dal plug-in.

Non è un obbligo che vogliamo imporre, è una scelta aziendale, in futuro infatti saranno disponibili molte tecnologie diverse come l’idrogeno più avanti e altro ancora. Noi abbiamo scelto l’elettrico perché ci pare una risposta concreta e attuabile da subito.

Infine non sono sicurissimo che sia una scelta politica, credo che tutti (anche come individui) dobbiamo gradatamente abbandonare comportamenti lesivi da un punto di vista di sostenibilità ambientale, certo la produzione di energia da fonti rinnovabili sarà la chiave, altrimenti non sarà servito a nulla….

Ma ci arriveremo, l’importante però è partire, se no non si arriva mai”.

Questa l’opinione di un grande player (come si dice oggi) del mondo automotive. Restano le perplessità sul resto. Ovvero, la richiesta di auto elettriche è scarsa e nonostante gli incentivi che drogano il mercato, non decolla. Se l’ipotesi di un parco auto totalmente elettrico prende piede, manca un piano che ci dica come e in che modo sarà possibile recuperare l’energia sufficiente per questa mobilità e che non vada a scapito del pianeta (pensate solo all’intensificarsi delle estrazioni minerarie e allo sfregio in alcune zone della terra) che rischiano solo di peggiorare l’ambiente in nome di una presunta mobilità intelligente. Infine, se l’Europa sposa il divieto alle auto a motore tradizionale, siamo certi che gli stessi costruttori non troveranno il modo di spostare questi prodotti in altri mercati, leggi Asia, Africa e Sud America? E quindi dove è il vero vantaggio? Dubbi e risposte che serviranno per altri incontri e discussioni.

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