Le Mans: la grande sfida

Giugno in Francia non registra solo le grandi (e forse miopi, da entrambe le parti) manovre di FCA e Renault: a metà mese, il 15 e 16 giugno, c’è l’appuntamento con la 24 Ore di Le Mans, l’evento motoristico più globalizzato al mondo, oltre che uno dei più grandi e spettacolari, assieme alla 500 Miglia di Indianapolis.

Nata nel 1923 la 24 Ore di Le Mans è arrivata alla sua 87esima edizione, e può essere raccontata in mille modi, tante sono le sue sfaccettature. La più evidente è la partecipazione appassionata del pubblico ma anche degli addetti dell’organizzazione, a tutti i livelli di incarico e responsabilità. È vero che la città di Le Mans non offre granché e non naviga nell’oro, ma la prima cosa che si nota andandoci è l’entusiasta adesione alla “sua” corsa,

Umanità, dunque, ma certo non soltanto quello. L’insieme di strutture finalizzate alla 24 Ore testimonia il peso che l’evento ha per l’industria. Una vicenda sportiva e industriale che è stata teatro dell’innovazione tecnica dell’auto.

Da qualche anno protagonista è la soluzione “ibrida”. Prima è stata quella dei motori diesel, e prima ancora tante altre innovazioni hanno avuto come laboratorio di sviluppo e sperimentazione i due giri di orologio sul circuito di Le Mans. Motori, freni, aerodinamica, impianti di illuminazione hanno registrato grandi progressi grazie alla sfida della 24 Ore.

Del resto l’essere rivolta all’innovazione è nel dna della corsa. La prima edizione del 1923 ebbe come ragione di essere la ricerca per migliorare le varie componenti delle vetture, prime fra tutti le ruote, tendenti a rotture e forature. Non fu un caso che l’idea di organizzare il Grand Prix d’Endurance (questa l’iniziale denominazione) a Le Mans – dove nel 1906 si era corso il primo Gran Prix de France automobilistico – trovò un munifico sostenitore, sponsor ante-litteram nella inglese Rudge e Whitworth, che oltre a produrre motociclette aveva messo a punto un sistema di ruota con mozzo capace di consentire la rapida sostituzione delle ruote. Una soluzione che offriva un vantaggio formidabile, nella gare ma non solo. Tanto che rimase in uso sino agli Anni ‘60.

E poi gli impianti di illuminazione: già alla fine dell’Ottocento venivano disputate lunghe massacranti gare da una città all’altra e la scarsa visibilità era uno dei punti deboli di quelle vetture. La 24 Ore con le sue ore di corsa in notturna sono state fondamentali per lo sviluppo di più efficienti impianti di illuminazione. Una realtà che continua anche ai giorni nostri, basta pensare alle più recenti vetture prototipi protagonisti a Le Mans.

Da tutto ciò deriva la grande attenzione che le case automobilistiche riservano alla gara sul circuito della Sarthe (il tracciato della 24 Ore prende il nome dalla regione di Le Mans). Questo rilievo sportivo-tecnico-industriale, assieme alla immancabile presenza di personaggi pubblici innamorati della gara ha dato luogo a un mix capace di interessare a 360 gradi il pubblico mondiale.

La 24 Ore dal canto suo ha regalato fama e celebrità ai suoi protagonisti, vuoi personaggi o auto. Quasi tutte le case costruttrici hanno tentato l’avventura Le Mans nella speranza di potersi fregiare del titolo di vincitrice. L’operazione è riuscita in maniera eclatante – per numero di successi – alla Porsche (19 vittorie), ma non da meno sono state le partecipazioni dell’Audi (13 successi), e quelle della Ferrari (9 vittorie), della Jaguar (7 primi posti assoluti), e poi via via le altre, comprese le giapponesi Mazda (nel 1991 con motore Wankel) e Toyota (l’anno scorso).

A proposito di legami tra Le Mans e vicende importanti dell’automobilismo, non si può non parlare della Ferrari. La casa del Cavallino si può dire che ha conquistato i favori della grande clientela del mondo, proprio alla 24 ore, vinta nove volte con sei consecutive, dal 1960 al 1965. Ma importante per la Ferrari fu la sua prima vittoria a Le Mans, quella del 1949 con la 166MM portata in gara da Peter Mitchell-Thomson e Luigi Chinetti. Di quest’ultimo si ricorda sempre che aveva già vinto a Le Mans negli anni 1932 e 1934, e che nel 1949 restò al volante per qualcosa come 23 ore! Allora il regolamento non poneva limiti alla permanenza alla guida. Ma forse l’aspetto più rimarchevole del binomio Chinetti-Ferrari è che fu proprio Luigi Chinetti a convincere Enzo Ferrari a produrre più vetture, anche Gran Turismo, vedendo negli Stati Uniti la grande frontiera da conquistare con quelle vetture vincenti e affascinanti. La sua intuizione fu giusta, e trasferitosi negli Usa divenne l’importatore delle Ferrari, aprendo il grande mercato al Cavallino e creando una scuderia di alto livello, la North American Racing Team, di cui una macchina, una 250 LM fu la protagonista dell’ultima vittoria Ferrari nella classica della Sarthe, nel 1965.

E per concludere con un sorriso, bizzarramente, l’importanza di Le Mans sul piano della comunicazione si può dedurre anche da un piccolo fatto, avvenuto alla 24 Ore del 1988. Gli annali ricordano che sul lungo rettilineo les Hunaudieres in quella edizione della gara venne raggiunto il record di velocità: 405 km/h dissero le cronache del momento. In realtà il pilota Roger Dorchy, al volante della sua WM P88 a motore Peugeot superò una velocità superiore, si dice 416 km/h, ma allora si stava lanciando la berlina Peugeot 405, e alla casa francese faceva gioco limitare la velocità del bolide proprio a quel fatidico 405. Potenza di Le Mans.

4 commenti
  1. Gian Marco Barzan
    Gian Marco Barzan dice:

    Si parla di 24 Ore di Le Mans e il mio personale ricordo va all’indimenticabile Paul Frére una quindicina d’anni fa in Sala Stampa a seguire la gara: il suo garbo, la signorilità e la simpatia. Frére che proprio la 24 Ore ha vinto nel lontano 1960 al volante della Ferrari 250 Testa Rossa e che a distanza di decenni ricordava ogni singolo momento di quella mitica gara, come se l’avesse corsa il giorno prima. Era affascinante sentirlo descrivere la notte di Le Mans, il primo mattino con un po’ di rugiada e l’urlo lacerante dell’instancabile (e affidabile) 12 cilindri Ferrari. Poesia di un tempo che fu.

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