C’era una volta il Rally…

No, non mi riferisco ad un Rally in particolare. Purtroppo devo chiarire il titolo per chi non avesse capito: è proprio il “rallismo” che ha perso interesse, ha perso comunicazione adeguata, ha perso quell’appeal che portava migliaia di persone sulle strade delle prove speciali e milioni di attenti lettori che vivevano ogni rally, locale o nazionale o internazionale che fosse… attraverso la narrazione.

Fortunatamente il cinquantenario della vittoria di Munari e Mannucci, con la Lancia Fulvia a Montecarlo, ha suscitato un po’ di nostalgia. Altrimenti ben pochi si sarebbero accorti che  a fine gennaio c’è stato un combattutissimo Rally di Montecarlo con fior di piloti impegnati sulle varie Ford, Toyota, Hyundai….

La mia, sia chiaro, è una analisi riferita all’ambiente italiano. Dico questo perché mi sono reso conto che la stampa nazionale ha dato pochissimo spazio all’evento: al massimo è apparsa la notizia della vittoria di Loeb. Per il resto, silenzio. Ed anche se in TV c’è stata la possibilità di seguire l’evento con attrezzature ed immagini che nel passato fulgido del rallismo non erano neppure immaginabili, è mancata però la sensibilizzazione sul pubblico generico, più ampio, che di questo avrebbe bisogno. Non certo per quello degli appassionati incalliti, degli ultimi “mohicani” amanti di questa specialità agonistica: loro seguirebbero i propri beniamini anche in pigiama al freddo di una notte del Turini’!

Perché?

Un po’ sarà colpa del fatto che non ci sono più né marchi né piloti italiani nel grande giro dei rally; un po’ del fatto che sulla stampa nazionale l’automobilismo agonistico si limita alla Formula 1; un po’ anche di una sorta di abbandono da parte dei colleghi della stampa di settore. Anche su questo nostro blog. Soltanto il collega Pazielli ci ha dato delle interessanti informazioni sull’ultimo Rally di Montecarlo.

Eppure ci sono colleghi che i rally li hanno seguiti e li conoscono bene. Sarebbe bello sentire i loro commenti…. (foto wrc.com)

3 commenti
  1. Filippo Crispolti
    Filippo Crispolti dice:

    Caro Renato, ricordo quando ventenne passavo la notte attaccato alla radio sulle onde lunghe per seguire il Montecarlo in diretta. Poi da giornalista freelance le notti al gelo del Turini, poi in sala stampa davanti al tabellone con un orecchio alla radio. Perché il nostro Monte non e’ più diffuso come allora? Ho una Mini Cooper s identica alle ufficiali di quegli anni e, a quasi 80 anni, sogno di farci un Montecarlo Storico, magari con te! La gente seguirebbe se radio e giornali se ne occupassero. Sta F.1 spesso annoia e comunque va diversificato questo sciagurato sport al quale abbiamo dedicato “i migliori anni…” Ciao

  2. Eraldo mussa
    Eraldo mussa dice:

    E se fosse solo che gli uffici stampa hanno altre priorità , oggi ?
    Che abbiano da troppo tempo, almeno in italia , staccato consapevolmente la spina?
    Che i brand e i loro manager pensino semplicemente ad altre priorità?
    Che altri paesi – francia ad esempio – continuino a parlarne anche se meno di un tempo ? Ma sempre più che in italia?
    E se fosse che il tema viene affrontato sui social con le giuste risorse ?
    Se fedez e la ferragni ( parlo di categoria merceologica , non di loro necessariamente ) si impegnassero ( lautamente coinvolti ) ? Ecco.
    Se tutto questo avvenisse – come fu ai nostri tempi , diciamolo …
    Chissà che la reazione del pubblico non sarebbe differente.
    Tutto torna di moda in questo mondo che fa fatica a trovare valori nuovi.
    Se il vintage va tra i ragazzi , e nella moda , e nel design , finisce che anche i rally troverebbero una loro riscoperta.

  3. Luca Pazielli
    Luca Pazielli dice:

    Renato forse siamo troppo nostalgici? Sicuramente però siamo stati fortunati perché abbiamo vissuto,anche dall’interno,un’epoca indimenticabile. Oggi i mezzi a disposizione dei media potrebbero aiutare molto la specialità, ma il problema sta nella poca popolarità degli attori i quali non scaldano più gli animi degli appassionati. Forse c’è ancora più spettacolarità nelle immagini ma l’emozione è tale e quale a quella di un videogioco con dei protagonisti virtuali.

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